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Africa, la mostra dimenticata
26 Febbraio 2024 - 07:00
Ha chiuso le porte domenica scorsa la mostra nelle sale Chiablese “Africa. Le collezioni dimenticate”.
Sale semi deserte a qualunque ora del giorno. Affluenza bassissima. La conferma è dai numeri resi noti sino ad oggi sul sito dei Musei Reali: nei primi due mesi (27/10 - 31/12) ha totalizzato appena 2.870 visitatori. Nel periodo natalizio (23/12 - 7/01) si deduce che solamente circa 700 persone abbiano deciso di visitarla a fronte di 41.000 presenze ai Musei Reali. Cioè 46 visitatori al giorno. In una città che conta 4 milioni di turisti.
L’ufficio stampa dei Musei Reali e gli organizzatori, interpellati, non hanno fornito i dati finali. Ma è bastato sfogliare il libro delle firme per notare come il numero dei commenti sia rimasto pressoché invariato: una media di 6 firme/commenti al giorno per novembre, 7 a dicembre, 5 a gennaio e 4 a febbraio. Da cui in via ottimistica possiamo supporre che il numero dei visitatori sia stato costante e abbia a malapena superato le 5.000 presenze totali.
A novembre l’allora direttrice, Enrica Pagella, e la curatrice, Elena De Fillippis, si scusarono e ammisero un grossolano errore - segnalato da chi scrive - sul pannello della Somalia che definiva gli italiani schiavisti, quando invece l’Italia non solo abolì la schiavitù ma introdusse contratti di lavoro. Finalmente anche un’istituzione prestigiosa come i Musei Reali si è dovuta attenere ai fatti e sconfessare le mistificazioni di Del Boca in “Italiani, brava gente?”.
Ma gli accademici non ci stanno: Del Boca, non si tocca. Infatti all’Università di Torino, Cecilia Pennaccini, co-curatrice, si indigna. Nell’agitazione, per non ammettere la cantonata e scusarsi, anziché argomentare sull’errore attinente la Somalia del 1923 cambia luoghi e anni tergiversando sull’Etiopia del 1936.
Non è chiaro se si tratti di un’altra svista oppure di faziosità. Ma in entrambi i casi, gravi, non dobbiamo farci trarre in inganno da chi ha promosso mostre insieme ai negazionisti delle foibe nelle sale dell’archivio della Resistenza, perché qui non si tratta di uno scontro tra destra e sinistra bensì tra vero e falso.
Non per nulla, in un recente articolo su “Il Torinese” Pier Franco Quaglieni, direttore e fondare del Centro Pannunzio, da persona seria ha onestamente dichiarato: «Non ho mai stimato Angelo Del Boca che senza titoli accademici di sorta ha scritto un sacco di libri che ritengo poco documentati e fortemente ideologizzati». Quaglieni, giova ricordarlo, nel 1985 fu candidato indipendente del Partito Comunista Italiano.
Scarsamente seguiti anche gli eventi promozionali a latere della mostra: la performance di danza sperimentale con Melaku Belay: annullata; il concerto di Mulatu Astatke: rinviato a data da destinarsi; il talk CinAfrica: rinviato a data da destinarsi.
La mostra è stata squilibrata, approssimativa e per lo più non aderente ai fatti storici. Nel libro delle firme alla data del 9 febbraio si legge: “da eritreo l’ho trovata molto deludente, evidentemente l’Eritrea è stata dimenticata dai curatori di questa mostra...”
L’intera messa in scena ha dovuto infatti scongiurare la minaccia che i documenti dimostrassero i progressi realizzati nelle colonie dall’Italia: amministrazione della giustizia, contenimento guerre intertribali, abolizione della schiavitù, controllo delle carestie, libertà di culto, agricoltura moderna, cura epidemie e malattie endemiche, costruzione di vaste reti stradali e ferroviarie, sistemi irrigui, bonifiche e istruzione gratuita per tutti.
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