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Economia & Territorio
20 Marzo 2024 - 14:10
Il 2024 non ha portato buone notizie per l'Italia sul fronte della produzione industriale. Secondo i dati dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), a gennaio, l'indice destagionalizzato della produzione industriale ha subito una diminuzione dell'1,2% rispetto a dicembre.
Nella media del trimestre novembre-gennaio, l'ISTAT registra un calo del livello della produzione dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti. In pratica, c'è stato un declino in tutti i principali comparti, con l'eccezione dell'energia. Come se il settore industriale fosse un gigante a passo lento, costretto a guardare il mondo accanto a lui accelerare, mentre lui rimane indietro.
Guardando i dati più da vicino, l'indice mensile destagionalizzato mostra un aumento congiunturale solo per l'energia (+2,5%); viceversa, si osservano flessioni per i beni di consumo (-2,0%) e per i beni strumentali (-3,6%), mentre i beni intermedi risultano stabili. Come dire, in un mercato in cui tutto sembra scivolare lungo una china discendente, l'energia è l'unica ancora di salvezza.
"Inizio dell'anno pessimo! Dopo l'anno nero 2023, quando in media la produzione è crollata del 2,5% rispetto al 2022, ora il 2024 inizia nel peggiore dei modi. Su base annua si assiste ad un crollo verticale dei beni di consumo durevoli che precipitano del 12,3%, in pratica un precipizio." Queste sono le parole di Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori. Dona non ha peli sulla lingua quando si tratta di esprimere la sua preoccupazione per la caduta in termini tendenziali del 3,4% dell'indice complessivo a gennaio 2024, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. "Il Governo, invece di cantare vittoria per i dati economici positivi, come quelli sull'occupazione, farebbe bene a prendere seriamente in considerazione questi campanelli d'allarme, tutti indicativi di una difficoltà delle famiglie sul fronte dei consumi", conclude Dona.
Cosa riserva il futuro per la produzione industriale in Italia? Solo il tempo potrà dirlo. Ma una cosa è certa: i dati attuali rappresentano un forte campanello d'allarme. Un segnale che non può essere ignorato. Come un iceberg in mezzo all'oceano, questi dati sono un monito che l'economia italiana non può permettersi di ignorare.
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