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IL REPORTAGE

C'è un rifugio antiaereo sotto Palazzo Civico: oggi sarebbe sicuro?

Progettato per resistere ai bombardamenti della Seconda guerra Mondiale, il bunker è ancora intatto

Il rifugio antiaereo sotto Palazzo Civico

Dentro il rifugio antiaereo di Palazzo Civico

La sirena suonava per quindici secondi. Silenzio. E poi ancora, per sei volte. Era il segnale che bisognava correre verso il rifugio antiaereo più vicino: stavano per iniziare i bombardamenti. Tra il 1940 e il ‘43 si stima che i bunker a Torino dessero riparo a circa 90mila persone. Uno di questi si trova, ancora oggi, sotto il selciato di Palazzo Civico. Precisamente, dieci metri più in basso rispetto al cortile d’onore da cui normalmente si accede per entrare in Comune.

«Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina in moltissimi ci chiedono se questi spazi siano ancora utilizzabili e sicuri», racconta Stefano Re, coordinatore delle visite guidate dal rifugio, mentre ci accompagna all’interno del bunker che, durante la Seconda guerra Mondiale, dava protezione ai vigili del fuoco della vicina caserma di via Bellezia e alle forze dell’ordine del Palazzo. «Questi ambienti sono stati pensati per accogliere tra le 50 e le 60 persone e, potenzialmente, potrebbero essere ancora utilizzati», spiega. «Tuttavia, con le attuali tecnologie militari non sarebbero più in grado di garantire protezione a chi si trova all’interno», precisa.

Lo spazio infatti era stato progettato per sopportare le cariche degli ordigni utilizzati durante la prima fase del conflitto. Parliamo di bombe di circa due tonnellate. «Nulla in confronto alle armi di oggi» continua la guida e passa accanto alla porta blindata che delimita l’ingresso del rifugio. «Si tratta di porte anti-soffio e anti-scoppio. Vale a dire che oltre a difendere dalle esplosioni, isolano anche da eventuali esalazioni di gas tossico - racconta Re -. Questi serramenti sono stati prodotti da aziende che, in origine, si occupavano della creazione di cassaforte, che si sono poi riconvertite durante la guerra».


Lo spazio all’interno del rifugio appare dotato di alcuni “comfort” tutt’altro che banali rispetto alla media dei bunker dell’epoca, come una serie di seggioline reclinabili in legno dove sedersi ad aspettare la fine dei bombardamenti. In quel caso la sirena emetteva un suono lungo e continuativo. Quando non c’era corrente ci pensavano i campanili a dare il segnale. Sulle pareti poi erano disposte delle mensole dove riporre cibo e medicinali. Anche il condotto di areazione appare perfettamente conservato. Così come lo stretto tunnel di mattoni rossi che congiunge l’anticamera al rifugio vero e proprio. Qui si trova anche un piccolo bagno.

«Abbiamo notato un grande interesse per questi rifugi», spiega ancora la guida. «Persone di tutte le età e anche singoli vogliono venire a visitarli. Anche per questo motivo, a partire dal mese di marzo, è partito un nuovo progetto che vuole mostrare gli spazi della “Torino difensiva”». Quello di Palazzo Civico infatti non è il solo rifugio in città. Il più grande si trova in piazza Risorgimento. E ancora, ce n’è uno presso le Carceri Nuove, il Polo del 900 e in tutte le abitazioni che presentano una “R” all’esterno. Anche gli ospedali erano dotati di rifugi, che ora vengono utilizzati come magazzini. «Visitarli è un modo per conoscere un pezzo fondamentale della storia di Torino» ci spiega Re e, alle sue spalle, si intravede la fotografia del bombardamento dell’ex Fiat.

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