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I segreti dell'automotive

Fiat, dalla prima Panda elettrica nel 1990 alla scossa (mancata) al mercato

Oggi Stellantis accusa l'Europa per la transizione "ma sono stati Tavares e Volkswagen a imporre il cambiamento"

Fiat inventò la Panda elettrica nel 1990, ma fu un fiasco. Ecco perché

Alla fine di quest'anno, un veicolo su quattro venduto nel mondo sarà di fabbricazione cinese. Un dominio. E dire che Fiat era più che in anticipo sui tempi: la Panda elettrica è nata nel 1990 ed era rivoluzionaria. La stessa Torino lo era, con il suo "park" di ricarica e noleggio in pieno centro. E poi cos'è successo? 

E' successo che l'elettrico non è decollato, che il parking elettrico in piazza Vittorio fu un completo fallimento - e il Comune di Torino spese miliardi per una trentina di auto poi abbandonate - e che quelle vetture erano proibitive. La Panda Elettra aveva un propulsore di 9,2 kW di potenza, nel bagagliaio dodici batterie al piombo da 6 volt (togliendo anche i sedili): velocità massima 70 chilometri orari e autonomia di cento. Prezzo? Circa 25 milioni di lire, cui aggiungere 2 milioni e mezzo per il cambio batterie, consigliato ogni 25mila chilometri. 

Vennero poi anche la Cinquecento e la Seicento Elettra - il Comune di Palermo ne comprò per 3,5 miliardi di lire e fecero la fine delle Panda di Torino -, ma il progetto fu abbandonato. Il caro buon vecchio diesel pompava e sembrava la risposta a tutto. E oggi che cosa succede?

Succede che il Dragone ha conquistato l'egemonia di mercato, mentre i costruttori europei accusano l'Europa e le sue direttive di "aver imposto la transizione". "Ma non è così - è il pensiero di Giuseppe Sabella, direttore di Oikonova -. In realtà, la complicità dei grandi costruttori è stata decisiva nell'approvazione del Fit for 55 (stop alla produzione di veicoli non elettrici dal 2035). Proprio Tavares e Blume (ad Volkswagen) hanno più volte rimarcato che le case automobilistiche da loro guidate sarebbero arrivate ben prima del 2035 a produrre soltanto auto elettriche".

Secondo Sabella, la necessità - più che green - era economica, serviva qualcosa per scuotere il mercato e rinnovare l'intero parco circolante. Invece, il piano si è ritorto contro. E c'è una forte tendenza a tornare indietro e virare sui biocarburanti. Un'altra scommessa che in Italia sarebbero ben lieti di fare, dato che in questo settore, Eni è leader mondiale.

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