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L'INTERVISTA DELLA SETTIMANA
21 Aprile 2024 - 09:02
Exomars 2028
Immaginate di essere seduti nella sala d’attesa di un grande aeroporto. Poco distante due uomini discutono fitto. «Dobbiamo passare da Venere». «E poi? Come ci arriviamo su Mercurio? ». «Facciamo un flyby». Uno scambio tra scienziati impegnati nella missione BepiColombo, che aveva l’obiettivo di mandare una sonda sul misterioso Mercurio. Uno dei due era Vincenzo Giorgio, vicepresidente Marketing & Sales per le attività istituzionali di Thales Alenia Space Italia e Amministratore delegato di Altec, l’azienda torinese che si occupa di logistica e spazio e che ora si prepara alla missione Exomars2028 e alla conquista della Luna.
Giorgio, ci dica la verità, vi prendevano per pazzi a sentirvi parlare così di lanci e traiettorie?
(ride) «Sì. Discutevamo della dinamica migliore per arrivare su Mercurio. Ricordo che la discussione avvenne nell’ambito di un contesto animato, ma fra due persone che sapevano bene di cosa parlavano. Tant’è che Colombo è poi partito e su Mercurio ci arriverà il prossimo anno».
Perché andare su Mercurio? E varrebbe la stessa domanda per Marte, Venere…
«Ci sono tanti buoni motivi. L’esplorazione è intrinseca nella natura umana. Poi facendo scoperte si acquisisce tecnologia. In fondo, se non avessimo mandato dei satelliti in orbita con un orologio atomico, nessuno di noi avrebbe sul telefonino un’app che gli dice come arrivare da un punto A a un punto B».
Quindi una ragione utilitarista.
«Non solo. Vogliamo capire come si trasforma un pianeta. Prendiamo ad esempio Marte. Qualche centinaio di milioni di anni fa, era un luogo caldo e umido. Aveva quasi certamente laghi e fiumi. Poi è successo qualcosa. E oggi osserviamo un pianeta freddo e arido. È cambiato. Andare a vedere se ci sono forme di vita esistenti o passate è lo scopo della missione Exomars. La risposta aprirebbe nuove possibilità in merito alla domanda fondamentale dell’esistenza».
Cioè?
«Qual è l’origine della vita?».
Parliamo di Marte. Dopo un brusco stop, la missione ExoMars finalmente riparte.
«Esatto. È una notizia che mi fa molto felice, perché arriva dopo un periodo di depressione. Poco prima del Covid eravamo pronti a partire, ma la pandemia ci ha costretto a rimandare. Nel 2022 il nostro team era preparato e addestrato, poi la guerra in Ucraina ci ha obbligati a interrompere tutto. Le finestre di lancio per Marte avvengono più o meno ogni 25 mesi».
Partirete senza i russi?
«Si parte con alcune contribuzioni specifiche della Nasa, ma tutto il resto viene fatto in Europa e, mi lasci dire, in Italia. La settimana scorsa ero in Colorado dove c’è stata contratto con l’Esa, che ci porterà fino al lancio in programma per il 2028. La macchina riparte e noi siamo ancor più pronti di prima».
Che ruolo avrà Altec nella missione?
«Tutto quello che verrà fatto su Marte verrà simulato, controllato e comandato in Altec. È l’unico centro di controllo per missioni marziane in Europa. Utilizzeremo questi quattro anni per affinare procedure, tecniche e simulazioni. Non dimentichiamo che qui a Torino abbiamo un rover gemello rispetto a quello marziano. Possiamo simulare il terreno, la gravità e la luce marziana. Ma non è finita qui. Ci espandiamo».
In che senso?
«Dopo un lungo processo abbiamo acquistato l’edificio in cui siamo a Torino. Non è stato un passaggio banale perché l’acquirente non era una persona fisica, bensì una società misto pubblico-privata. Ora possiamo partire con una serie di investimenti».
Cosa avete in mente?
«L’Agenzia spaziale italiana ci ha chiesto di costruire, all’interno di Altec, un centro di operazione e simulazione Lunare, che è equivalente al centro marziano. Abbiamo firmato il contratto e siamo partiti. Stiamo lavorando sulla progettazione. Per l’avvio dei lavori se ne parla all’inizio del prossimo anno».Ci sta dicendo che avremo qui a Torino la riproduzione del suolo lunare?
«Sì, costruiremo un centro di simulazioni che avrà un ampio spettro di utilizzo, a prescindere da quale sarà l’utenza che immagina di voler fare delle operazioni o degli esperimenti sulla superficie lunare. Ognuno potrà avere in Altec l’aiuto necessario per lo sviluppo degli esperimenti e l’esecuzione delle prove. Una volta arrivati sulla Luna poi li supporteremo in tutte le operazioni e per ricevere i dati che serviranno alla comunità scientifica che c’è dietro ognuno degli esperimenti».
Altec ha da poco compiuto 20 anni e continua a crescere. Resterete a Torino?
«Sì, vogliamo dare un valore aggiunto alla Città dell’Aerospazio. Personalmente ritengo interessantissimo il fatto che in quest’area ci sia anche la presenza del Politecnico e di centri di ricerca. Permetterà di creare un ecosistema dove lo scambio di informazioni, di esperienza e di necessità saranno più fluido».
Lo spazio è il business del futuro?
«Stiamo vivendo un passaggio epocale. Osserviamo un progressivo rallentamento dell’incidenza delle grandi istituzioni sulla cosiddetta “orbita bassa”, che è quella della Stazione Spaziale Internazionale, per intenderci. L’attenzione si sta rivolgendo verso l’orbita lunare e Marte. Cosa succede però nel frattempo nell’orbita bassa? Abbiamo imparato a vivere, lavorare e a capire come funziona. Da qui è nata l’idea di un’economia che chiede di utilizzare lo spazio come risorsa».
In altre parole, è qui che entrano in gioco i privati.
«È così. Quale che sia l’attività di cui si parli: farmaceutica, chimica, tecnologia dei materiali e mi avventuro fino all’idea del turismo. In senso ampio, qualsiasi cosa generi un’economia può generare interesse. Torino avrà sicuramente un ruolo fondamentale in orbita bassa. Penso alla gestione delle operazioni e dei servizi».
Ha citato il turismo spaziale. Ci dica di più.
«Come Altec abbiamo addestrato i cosiddetti turisti spaziali. In 12 hanno già volato».
Chi sono?
«Sono persone appartenenti a enti o paesi che pagano per accedere allo spazio. Vanno addestrate. Ovviamente in misura inferiore rispetto a un astronauta professionista che deve passare mesi sulla stazione spaziale . In ogni caso, è un’attività che ci viene pagata in maniera commerciale. È un servizio».
Cosa li spinge a partire?
«La voglia di accedere ad una dimensione molto diversa da quelle a cui siamo abituati. È vicino il momento delle stazioni spaziali private, con obiettivi ben specifici in determinati campi applicativi. Ci sarà chi paga per andare su, fare degli esperimenti ed eventualmente portare sulla Terra i risultati».
Quanto costa oggi un biglietto per lo spazio?
«Credo che siano sui 400mila dollari l’uno per i voli suborbitali della Virgin».
Lei ha mai pensato di fare l’astronauta?
«Sì. Il percorso è estremamente complesso, avrei dovuto iniziare una ventina d’anni fa. Ho rinunciato quasi subito. Se oggi qualcuno mi proponesse di fare una missione con un addestramento alla mia portata, lo farei volentieri».
Magari può tentare con il turismo spaziale.
«Perché no. Abbiamo lavorato come Altec insieme alla Virgin Galactic per poter operare dallo spazio posto italiano di Grottaglie».
Quanto dura un viaggio di questo tipo?
«Il volo di per sé dura un centinaio di minuti tra il decollo e l’atterraggio. Si arriva fino all’altezza massima di 100 km. Il velivolo fa una parabola, poi rientra, come se fosse un aliante».
Un’ultima domanda. L’uomo è pronto a tornare sulla Luna?
«Per tornare e per restarci. Stiamo creando un sistema orbitante permanente intorno alla Luna. A cui seguiranno delle infrastrutture di superficie».
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