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Al Salone del Libro

"Ezra Pound a Pisa: un poeta in gabbia", la storia del poeta scomodo, imprigionato come traditore dagli Usa

L'opera di Luca Gallesi, casa editrice Ares, ricostruisce la prigionia dello scrittore e la nascita dei Canti Pisani

"Ezra Pound a Pisa: un poeta in gabbia", la storia del poeta scomodo, imprigionato come traditore dagli Usa

Nel Salone degli scrittori che piagnucolano sulla presunta censura subita, dei presunti pericoli per la libertà, conviene farsi un giro fino all'Oval, allo stand U29, alla casa editrice Ares, per un volume che è un piccolo gioiello: "Ezra Pound a Pisa. Un poeta in gabbia" di Luca Gallesi. Una storia che vale la pena riscoprire.

Ezra Pound avrebbe voluto essere per i giovani Stati Uniti, ma già immemori dei padri fondatori, ciò che Dante è stato per l'Italia che doveva ancora essere nazione e soprattutto popolo. L'ispirazione poetica veniva dalla Divina Commedia, dalla sua escatologia con i versi che abbandonano la lingua colta latina per abbracciare il volgare del popolo, per essere comprensibile a tutti.

In un occidente che già era votato al business e alle divinità del denaro e del mercato, come sostiene Alessandro Gnocchi su Il Giornale, Pound sosteneva l'importanza della figura del poeta come "economista". Credeva fermamente che la moneta e il sistema bancario dovessero mantenere la finalità per cui erano nati: sostenere l'impresa, il commercio e lo sviluppo, perseguendo la giustizia sociale. Tuttavia, Pound si trovò a dover confrontare il suo ideale con una realtà in cui le banche sembravano aver abbandonato il loro scopo originario, avventurandosi in pratiche di finanza creativa distanti dall'economia reale.

Sembra uno scenario molto attuale, con le crisi catastrofiche cui abbiamo assistito, con le avventure, i salvataggi, i miliardi passati e svaniti e ricomparsi, come un Monopoli globale. E in questo Monopoli, anche l'intervento di un Paese in guerra può essere motivato da ragioni economiche. Questo Ezra Pound pensava dell'intervento degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale. Lo sostenne alla radio italiana, in pieno fascismo. Così, nel 1945, fu arrestato e imprigionato come traditore in una gabbia di ferro nel campo di prigionia statunitense di Pisa.

Una gabbia esposta al sole, alla pioggia, al dileggio dei carcerieri. Eppure, Pound trovava la forza di combattere immaginari incontri di boxe, camminava senza sosta lungo il perimetro della sua gabbia. E di notte componeva: undici poesie, quelle che sarebbero diventate i Canti Pisani. Che Luca Gallesi, riconosciuto studioso di Pound, analizza con attenzione in una delle sezioni del libro. 

Dopo la gabbia, per Pound si aprirono le porte di un manicomio negli Usa, dove rimase per ben tredici anni. Poi, tornato libero, rientrò nell'Italia che amava, per morire a Venezia, nel 1972.

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