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L'INTERVISTA
17 Giugno 2024 - 10:00
Mauro Anetrini, presidente di Barricalla
Una volpe si aggira libera sulle colline, nascondendosi sotto gli arbusti, mentre i suoi cuccioli si rincorrono vicino a un rivo. Poco più in là, le api ronzano, vivono e si riproducono vicine a un’arnia. È una scena dal sapore bucolico che pure stupisce, dal momento che ci troviamo all’interno di un impianto di smaltimento rifiuti. Una discarica, si direbbe più prosaicamente. È Barricalla, il principale impianto in Italia per lo smaltimento di rifiuti speciali, pericolosi e non. «Sulla testa di ogni cittadino gravano 2.500 kg di rifiuti speciali ogni anno. Non sono riciclabili o valorizzabili producendo energia o calore. A oggi, gli impianti come il nostro sono indispensabili per garantire la sicurezza di tutti i cittadini. Non c’è un’alternativa» spiega il presidente di Barricalla Mauro Anetrini, illustrando le attività dell’impianto. A luglio la struttura di Collegno si prepara a chiudere i battenti, per riaprire il prossimo anno in un’area «già in parte scavata per una cava e non riutilizzabile per uso agricolo», poco distante. Il cantiere è appena partito.
Avvocato, Baricalla è considerata un modello a livello Europeo. Qual è il vostro segreto?
«Da oltre 30 anni è un importante punto di riferimento per la corretta gestione delle sostanze potenzialmente pericolose di provenienza industriale e da terreni bonificati. Barricalla accoglie i rifiuti che non possono essere più reimpiegati nel ciclo produttivo smaltendoli in maniera corretta».
Ci spieghi: che cosa si intende per rifiuti speciali?
«Si tratta dei rifiuti solidi e trattati, provenienti da attività industriali e si suddividono in pericolosi e non, a seconda della presenza di sostanze inquinanti».
Cosa li distingue dai rifiuti domestici?
«I rifiuti domestici sono tra le nostre mani tutti i giorni e ne abbiamo consapevolezza, i rifiuti speciali invece sono “invisibili” perché non siamo noi ad occuparci direttamente del loro smaltimento. Ogni volta che facciamo un acquisto, da una maglietta a un telefonino, è inevitabile che dalla loro costruzione vengano generati dei rifiuti speciali, alcuni pericolosi. Sono inoltre rifiuti speciali quelli derivanti dalle demolizioni, o ancora il terreno proveniente da siti contaminati e poi bonificati, le ceneri residue degli inceneritori o l’amianto ampiamente utilizzato in edilizia fino agli anni ‘90. Sono tutti rifiuti che devono essere smaltiti in modo corretto, perché se dispersi potrebbero causare gravissimi danni alle persone e all’ambiente, come le terre dei fuochi purtroppo dimostrano».
State lavorando a un nuovo impianto di smaltimento?
«Sì, l’area di Collegno è sostanzialmente esaurita. Presto chiuderà i battenti e sta partendo il cantiere per il nuovo impianto. Attenendoci a regole sempre più stringenti, realizzeremo una nuova discarica che risponderà ai criteri che ci hanno sempre guidati: maggiore sicurezza possibile. Aprirà nel giro di un anno».
Come utilizzerete questo tempo?
«Per affinare i progetti del nuovo impianto e renderlo migliore. Studiare nuovi interventi, qualificare il personale, installare pannelli fotovoltaici nell’impianto chiuso, realizzare opere logistiche per migliorare la viabilità. Faremo tutto quello che è più difficile fare con l’impianto in funzione. Certo dal punto di vista della gestione ci sarebbe piaciuto avere tempistiche diverse. Questo tempo ci consentirà anche di fare delle considerazioni sull’esportazione del modello Barricalla».
A questo proposito, se dovesse identificare i vostri punti di forza?
«Barricalla dal punto di vista dell’organizzazione di lavori e conferimenti è un’azienda all’avanguardia. Prendo a esempio le modalità di scavo e di costruzione dell’impianto. Poi c’è da fare un discorso sul modus operandi seguito per il conferimento e la disposizione dei rifiuti».
Qualche numero. Qual è la mole di rifiuti che passa da Collegno?
«Dai dati del Rapporto Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) emerge che nel 2021 da un lato in Italia sono state prodotte 165 milioni di tonnellate di rifiuti speciali – 154,3,1 milioni di non pericolosi e 10,7 di pericolosi - e dall’altro che le discariche per rifiuti speciali operative nel nostro Paese sono 270 (350 nel 2016, 364 nel 2015 e 392 nel 2014) e quelle per rifiuti pericolosi sono 11. In questo contesto opera l’impianto di Barricalla, uno dei più importanti impianti di smaltimento in Italia per rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, sia per tipologia di Cer (Catalogo Europeo Rifiuti) ammessi, sia per le quantità smaltite nel corso della sua storia trentennale durante la quale è divenuta un modello nella tutela ambientale, non avendo mai generato emergenze o situazioni di rischio».
Il vostro è un modello unico anche nella formula pubblico-privato?
«La struttura è gestita dalla Barricalla Spa, nata nell’ottobre 1984, con capitale misto pubblico e privato. Il capitale pubblico per il 30% è detenuto da Finpiemonte Partecipazioni S.p.A., il capitale privato (70%) è suddiviso in egual misura tra Greenthesis S.p.A e Iren Ambiente S.p.A».
“Sostenibilità” oggi è la parola d’ordine per tante aziende. Quanto è importante voi?
«Molto. Credo che la nostra storia lo insegni. Non dimentichiamo, altresì, che Barricalla fa il bilancio di sostenibilità da anni, proprio per raccontare e raccontarci».
Avete anche una serie di progetti collaterali allo smaltimento rifiuti. Ci può fare un esempio?
«Penso all’ultima iniziativa del cortometraggio animato L’ultima ape, presentato a gennaio 2024, che, attraverso gli occhi di un’ape, animale-simbolo di Barricalla e straordinario bioindicatore ambientale, racconta il mondo dei rifiuti speciali, i rischi che si corrono quando questi non vengono gestiti correttamente, la necessità di tutela dell’ambiente».
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