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L'INTERVISTA

Asvisio: «Torino deve trovare nuove idee»

I Commercialisti premiano i 160 colleghi con maggiore anzianità nell’Ordine

Luca Asvisio

Luca Asvisio, presidente dell'Ordine dei Giornalisti

L’Ordine dei Commercialisti di Torino si è dato appuntamento al Museo dell’Automobile, per l’annuale premiazione degli iscritti con 30, 50 e 60 anni di professione. A fare gli onori di casa il presidente Luca Asvisio.



Presidente cosa rappresenta per la categoria questa serata?
«È un momento di incontro molto importante. L’Ordine dei Dottori Commercialisti di Torino e degli Esperti Contabili conta circa 3.800 persone e riteniamo doveroso dare il giusto spazio e risalto ai nostri premiati. Grazie al mio predecessore, Aldo Milanese, oggi portiamo avanti l’idea di quello che chiamiamo “Modello Torino”» .
Di che cosa si tratta?
«È un termine che oggi si usa per tante cose. Alle volte anche in maniera negativa e impropria. Noi lo coniughiamo in una accezione positiva e virtuosa. Vogliamo fare sì che sia sinonimo di vicinanza ai nostri iscritti ma è anche un elemento di apertura verso gli altri attori che gravitano in città».
Nel suo ruolo di presidente dell’Ordine gode di una posizione privilegiata per osservare la vita della città. Secondo lei cosa serve a Torino per ripartire?
«Osservo una città che sta soffrendo molto. E vorrei - lo vorremmo tutti - che possa invece tirarsi su le maniche e provare a dare uno sprint, creando delle occasioni per il futuro. Dobbiamo guardare ai nostri giovani. Ce ne sono parecchi che si iscrivono alla nostra professione e vogliamo - a tutti i livelli di istituzioni e corpi sociali - siano in qualche modo uniti e cerchino di guardare al futuro. In questa direzione, noi organizziamo un Forum intitolato ad Aldo Milanese, lo faremo il 27 gennaio e riprenderemo questi argomenti».
Un commento sulla manovra di bilancio.
«Evidentemente è una manovra difficile».
Ci spieghi...
«Abbiamo a che fare con un debito pubblico rilevante e con una concorrenza di altri mondi altrettanto forte. Basti pensare al fatto che, oggi, andare a mettere la sede in un altro paese e avere una tassazione inferiore può essere attrattivo. È un fenomeno che va gestito. A livello europeo dovremmo cercare di contare in qualche modo di più per rendere paritetiche le modalità di lavoro di tutti».
E a livello regionale, cosa andrebbe fatto?
«A livello regionale e, ancora di più, a livello locale o comunale gli spazi di manovra si riducono ulteriormente. Ovviamente noi come Ordine cerchiamo di mettere a servizio la nostra conoscenza per dare una mano alle aziende e soprattutto alle persone. La nostra paura è che, in futuro, ci sia anche un problema sociale. Serve trovare degli sbocchi».
Un’altra vocazione per Torino al di là dell’automotive?
«È evidente che una città che ha perso 200mila dipendenti Fiat e soffre nell’indotto debba trovare nuovi sbocchi. Su questo dobbiamo lavorare tutti insieme con le poche riserve che abbiamo a nostra disposizione in questo particolare momento».

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