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L'editoriale

Il viaggio nella notte in compagnia di Evola tra dadaismo e magia

Il lato sconosciuto del filosofo idealista

Marcello Veneziani

Marcello Veneziani

Assiduo frequentatore di tabarins e di ritrovi notturni si è fatto spesso notare pel suo tenore di vita libertino e per certe sue tendenze degenerative. Politicamente nel passato nutrì sentimenti democratici e appartenne alla redazione del giornale Il Mondo. Una volta frequentava le famose Grotte dell’Augusteo e vi si distingueva come eclettico ballerino di shimmy e charleston. È sempre circondato da donne, sue amanti”. Chi è questo mondano, degenerato ballerino e sciupafemmine, di sentimenti democratici e antifascisti, secondo queste note informative della Pubblica Sicurezza per il ministero dell’Interno, ai tempi del regime fascista? È Julius Evola, poco più che trentenne, già pittore dadaista, già filosofo idealista magico, in quel tempo autore di saggi dirompenti tra magia e paganesimo. E dire che Evola nel pregiudizio dominante è considerato dai suoi numerosi detrattori una specie di stregone pericoloso, un asceta aristocratico che disprezza il mondo, un nazi-fascista e un razzista. E qui, invece, in questo rapporto della polizia fascista è considerato un degenerato e un pericoloso democratico antifascista. Un giudizio che spiazza anche gli evoliani canonici.


Il rapporto di polizia magari esagera nei giudizi ma non inventa nulla. Ed è perfino vero che Evola frequenta pure riviste antifasciste e democratiche, e non conosce vie di mezzo tra un superfascismo ideale, eroico, anti-italiano, anti-cristiano e anti-familista, e una posizione di dissenso radicale che lo avvicina ad alcuni ambienti antifascisti.
Ma la cosa più intrigante è l’aspetto mondano, nottambulo, di Evola. Che non è una diceria. Ce lo conferma questo inconsueto libro, che esce oggi dall’editore Altaforte, Notturno europeo. Serate sull’orlo della catastrofe in cui Adriano Scianca e Andrea Scarabelli curano e introducono alcuni scritti sorprendenti di Evola, che compongono un reportage europeo nella vita notturna, tra locali e tabarin, ballerine e violini tzigani. Un testo con l’imprimatur della Fondazione Evola.

Il libro è il frutto di viaggi in Europa, soprattutto in Mitteleuropa, alla vigilia della Seconda Guerra mondiale e raccoglie reportage di Evola pubblicati su alcuni giornali dell’epoca. Le città toccate sono Berlino e Parigi, Amsterdam, Vienna e Budapest, Bucarest e Belgrado. Dell’Italia c’è solo Capri, più alcuni reportage alpini e tirolesi.

Evola tour by night; qui si scopre assaggiatore di locali notturni, sommelier di vita mondana. È un peccato che non vi siano analoghe testimonianze dirette della sfrenata vita notturna romana di Evola negli anni venti, quando era più giovane, salvo qualche brano ripreso dalla fatale Sibilla Aleramo con cui Evola ebbe una relazione erotica. Già dai tempi del dadaismo e del futurismo, Evola partecipava a serate assai estrose, colorite e colorate, che col senno del tradizionalista orientale di poi, potrebbero essere definite all’insegna del tantrismo, della via della mano sinistra; momenti di ebbrezza dionisiaca, con l’aiuto di bevande, fumi e non solo. Negli anni trenta Evola assume le fattezze del Barone (titolo araldico non vero), col monocolo, la fatidica caramella all’occhio che lo accomunerà ad altri baroni suoi amici.

Sarà poi la guerra a spegnere gli ardori della vita notturna europea; e nella vita di Evola sarà il misterioso incidente di Vienna nel febbraio del ‘45 che lo inchioderà poi a una sedia a rotelle nel dopoguerra.

Queste pagine evoliane sfatano, come giustamente notano i curatori, il cliché del Maestro in disparte, dell’Asceta fuori dal mondo, caro ai suoi “devoti”. Evola in realtà cavalcava in ogni senso la tigre della modernità e non si tirava indietro nemmeno davanti alla dolce vita notturna.

Tra le righe di questi reportage, oltre la curiosità di imbattersi in classificazioni e paragoni tra tabarin, musiche, balli, emerge anche qualche dato interessante. Per esempio, traspare la nostalgia di Evola per la Vienna imperiale, sonnolenta e gaudente, rispetto alla Vienna nazificata da Hitler. Sparisce la vita notturna a Vienna, e anche a Berlino, ed Evola sembra dolersene. Anche in questo Evola mostra di prediligere “il mondo di ieri”, l’Europa degli Imperi Centrali rispetto all’Europa dei regimi nazionalpopulisti e nazionalsocialisti. “Vienna è stanca- scrive Evola- non ha più vita notturna. Vienna non costruisce più. Vienna ha dimenticato la gioia del vivere lieve – al pari che l’orgoglio antico. Dalla sua caduta, non si è più rialzata”. “Il grande inverno dell’“età oscura” occidentale ha sommerso anche te. Non sei più la Vienna regale ed imperiale, la splendida Vienna dell’ultima delle grandi monarchie pre-moderne. Schönbrun, l’Hofburg, l’Innere Stadt, la monumentalità tutta e perenne della tua anima di pietra”. Nostalgia della belle époque, rimpianto per l’età aurea che precede la finis Austriae. E non si risparmia di frequentare la vita notturna neanche quando va a trovare a Bucarest l’austero e ascetico Capo della Guardia di Ferro, Corneliu Zelea Codreanu.

“Vita notturna – scrive Evola – è, in gran parte, un concetto borghese. Alla concezione borghese ottocentesca si deve, essenzialmente, l’opposizione fra la vita normale diurna, più o meno addomesticata e convenzionale, e la “vita notturna”, intesa come una specie di “compensazione” rispetto alla prima, compensazione con caratteri di cosa ‘proibita’ e più o meno ‘peccaminosa’”.

Impressiona vedere Evola a Parigi che racconta la vita notturna parigina e poi con l’avvento del giorno si imbatte in un corteo di greco-ortodossi reduci a loro volta da cerimonie notturne di rito tradizionale. Due mondi agli antipodi si sfiorano, ma lui proviene da quello mondano e gaudente: curioso vedere questa inversione dei ruoli rispetto all’Evola antimoderno, pensatore della Tradizione.

Evola racconta amori lesbici ed inclinazioni omosessuali diffuse in quel mondo da lui frequentato. Poi lamenta la resa di Capri al turismo fatuo e alla “villeggiatura”, perdendo il fascino pagano, esoterico e ammaliante della Capri misteriosa di un tempo. Sorprende anche l’Evola curioso osservatore di moda femminile caprese: “per le donne sono di rigore i calzoni”, “larghi calzoni a campana dei pigiama da spiaggia alla Pierrot”, una “fiera delle vanità dei costumi rutilanti, dei visi strani e delle bocche dipinte, del passeggio coreografico e cosmopolita”.

Insomma un altro Evola, che viaggia al termine della notte, per dirla con Céline, ma sentendosi a suo agio; un altro Evola rispetto a quello che conoscemmo e ammirammo da ragazzi. Pensavo a questo Evola inedito mentre camminavo nelle campagne tra Terrasini e Cinisi, nel Palermitano, dove ero per una conferenza, quando mi imbattei in una strada di campagna denominata “Case di Evola”. Mi sovvenne allora che la famiglia di Evola era proprio di Cinisi. Lupus in fabula, le magiche coincidenze della vita.

di Marcello Veneziani
La Verità

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