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LA PROTESTA

Call center in rivolta: a Torino lavoratori in piazza contro il contratto “al ribasso”

Dai permessi al salario, la battaglia dei lavoratori: «Così non si può andare avanti»

Circa 6mila lavoratori "minacciati": lo sciopero dei call center a Torino

Il presidio dei lavoratori dei call center davanti la Prefettura di Torino

Lavoratori dei call center in piazza: protestano davanti alla Prefettura di Torino contro la minaccia di alcune aziende di abbandonare il contratto nazionale delle telecomunicazioni, a favore di un nuovo contratto «a ribasso».

Lo sciopero, organizzato da Cgil, Cisl e Uil a livello nazionale, porta l’attenzione sulla tutela dei diritti che circa 6mila dipendenti di aziende di call center in Italia, temono di perdere.
«Manifestiamo contro quelle aziende outsourcing (che lavorano per conto di terzi), che minacciano di cambiare il contratto a favore di uno nuovo sottoscritto da un solo sindacato, Cisal, che non rappresenta il settore e che gioca a ribasso», spiega Ivan Corvasce, segretario Slc Cgil Piemonte.

Ivan Corvasce, segretario Slc Cgil Piemonte

«È gravissimo- racconta Simona Lombardi, lavoratrice di One Os- Io lavoro qui da 13 anni, mi piacerebbe continuare a farlo mantenendo i miei diritti».

Simona Lombardi, lavoratrice nel settore call center 

Come spiegano i lavoratori in sciopero, si parla di riduzione del salario, 6.50 euro all’ora, ma anche delle normative come le ore di permesso, di ferie e di malattia: «I primi tre giorni non vengono pagati, e il periodo di comporto è nettamente più basso di quello previsto dal contratto collettivo», racconta Anna de Bella di Cisl Piemonte, segretaria generale della categoria.

Anna de Bella di Cisl Piemonte, segretaria generale della categoria

«C’è una similitudine- spiega il sindacalista Alessandro Pagliero- con quello che sta succedendo nei contratti delle guardie giurate: Cisal, fa dei contratti a ribasso che ovviamente fanno gola alle aziende».


«Immaginate- prosegue Maria Luisa Lanzaro, segretaria generale Uilcom Piemonte- se ognuno potesse scegliersi il contratto di riferimento, è chiaro che io azienda vado sul contratto dove risparmio. È uno scenario catastrofico: se tutte le società che gestiscono call center iniziano ad andare dietro a contratti come questo... è una cosa che va bloccata subito».

Maria Luisa Lanzaro, segretaria generale Uilcom Piemonte e Valle d'Aosta

Il secondo grande tema che ha guidato il presidio di Torino è legata alle committenze delle aziende.
Come spiega Corvasce, si tratta di committenze sia pubbliche che private. In quest’ultimo caso per la maggior parte assicurative e bancarie. Unicredit, Unipol, Banca Sella, «insomma tutte società che non ci risulta abbiano subito qualche tipo di crisi, anzi. Com’è possibile che si rendono corresponsabili di tutto ciò. Ma ci sono anche società pubbliche o a partecipazione pubblica, come Soris o Ireti».

Per questo motivo è stato richiesto un incontro alla Commissione Lavoro del Comune di Torino. L’incontro è previsto per la fine del mese.
Intanto sei rappresentanti sono stati accolti ed ascoltati dalla Prefettura di Torino.

«Un primo passo. Questa è una piccola battaglia, ma è importante avere una prima visibilità», Federica Balestri, Uilcom Piemonte.
«Molti di questi ragazzi sono costretti a fare due lavori per sopravvivere. Siamo una categoria invisibile. Eppure durante il Covid eravamo un servizio essenziale, pronti a sostenere tutti i nostri committenti. Oggi ce lo devono. Siamo lavoratori che devono essere riconosciuti come tali», Lucia Tiani, Cisl. 

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