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BARRIERA DI MILANO
07 Febbraio 2025 - 07:20
Due fotografi professionisti, Mauro Ujetto e Simone Dalmasso, per un anno intero hanno scelto di raccontare, utilizzando le loro macchine fotografiche, le fragili donne di piazza Foroni, lì in quell’angolo dove la solitudine spesso viene cercata di tenere a bada con sostanze chimiche.
«Abbiamo cominciato il giorno in cui è arrivato l’esercito a Barriera». Quei militari che furono mandati nelle zone di spaccio e consumo di stupefacenti, «nei luoghi che vengono sempre raccontati come degradati e abbandonati». E Simone e Mauro, in questo lungo viaggio, hanno conosciuto una decina di donne, tra i 24 e i 50 anni, praticamente tutte italiane. Raccontano di come tutto sia cominciato con l’ascolto. Si sono fatti conoscere: hanno accompagnato il Gruppo Abele in quelle che sono le operazioni di assistenza in strada. «I primi tempi, con la macchina fotografica al collo». Poi, hanno realizzato foto e video. «Pensavamo di farne un prodotto giornalistico, poi ci siamo scontrati con una serie di questioni legate a liberatorie e, ad oggi, il progetto è destinato a sensibilizzare e mostrare un lato che in pochi conoscono».
Da sinistra, Simone Dalmasso e Mauro Ujetto
«Quando qualcuno arriva da fuori, la prima cosa su cui si concentra è il disagio. Ma davanti ha una persona, non una sostanza: vorremmo che il nostro lavoro aiuti a prenderne coscienza». Un anno dove i fotografi hanno instaurato rapporti con le donne che hanno ritratto, una fiducia reciproca. Donne che avevano tutte un filo comune tra loro: la solitudine. Le voci di queste donne raccontano sensazioni di estrema difficoltà: la registrazione di una di loro dice: «Si sta male, è una malattia, come l'anoressia. Si ha la sensazione di non essere padroni del proprio corpo e della propria mente: mi sento come una bambina che non ha mai attraversato la strada e non sa come fare». C’è un momento che i fotografi raccontano con molta emozione: «A un certo punto abbiamo deciso di regalare delle foto stampate alle donne ritratte. Una di loro ci ha detto che la foto era bellissima, ma che lei non riusciva a guardarsi. Erano due anni che non tornava a casa, non voleva farsi vedere dai suoi messa così».
Un anno dove hanno ascoltato non solo le donne cadute nel vortice della tossicodipendenza: i commercianti della zona, i residenti, il prete. E c’è da dire che Simone e Mauro, per lavoro, hanno creato reportage bellissimi, dal Guatemala alla Russia, dalla Cina al Messico. «Ma il viaggio più intenso è stato questo, a 3 chilometri da casa». E adesso, che fanno? Finisce qui? «No. Il viaggio continua».
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