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Disturbi alimentari, solo 7 posti letto in tutto il Piemonte (e con medici gettonisti)

Il botta e risposta in commissione: "La Regione non finanzia il piano". "No, i provvedimenti sono già in atto"

Disturbi alimentari, solo 7 posti letto in tutto il Piemonte (e con medici gettonisti)

Un grido di dolore risuona nella Commissione Sanità della Regione Piemonte. Le associazioni "Rinati sotto la Mole" e "Lo Specchio Ritrovato" hanno portato in audizione storie di sofferenza, abbandono e un sistema sanitario che sembra girarsi dall'altra parte di fronte ai disturbi alimentari. Da una parte l’obesità, dall’altra l’anoressia: "due facce della stessa medaglia che colpiscono sempre più persone, soprattutto dopo la pandemia", ha sottolineato la consigliera regionale del PD Nadia Conticelli. "La politica avrebbe dovuto ascoltare e rispondere. Invece, l’assessore Riboldi non si è presentato".

Si attendeva un'informativa sullo stato di attuazione della legge regionale per la prevenzione e la cura dei disturbi alimentari, approvata tre anni fa ma rimasta in gran parte inapplicata, spiega la consigliera. "Dovevano esserci risposte su reti territoriali, osservatori, sostegno alle famiglie e percorsi di presa in carico. Nulla di tutto ciò è arrivato", ha denunciato Conticelli. "Un’assenza che pesa come un macigno, soprattutto per chi ogni giorno combatte contro il vuoto lasciato da un sistema che non funziona".

I numeri fanno paura: i pazienti sotto i 18 anni con disturbi alimentari sono raddoppiati nel post-pandemia, mentre tra gli adulti si registra un aumento del 30%. Non si parla solo di statistiche: di anoressia si muore. E nel frattempo, i posti letto per questi pazienti nelle Molinette di Torino sono passati da 13 a 7, senza un reparto dedicato, relegati nella psichiatria, con tutte le conseguenze del caso. Le giovani pazienti hanno denunciato abusi e violenze, ma il problema rimane irrisolto. La legge prevede una rete di supporto, che dovrebbe coinvolgere medici di base, Centri di Salute Mentale, ospedali, pronto soccorso con codice lilla, scuole e associazioni. Ma se questa rete non esiste, le famiglie restano sole e i ragazzi intrappolati nelle loro camere, senza alcuna via d’uscita.

La situazione è ancora più drammatica per chi proviene da contesti economicamente fragili. "L’obesità colpisce spesso famiglie già in difficoltà", ha spiegato Conticelli. "Fare educazione alimentare diventa un lusso quando un chilo di salsiccia costa un terzo rispetto a un filetto". La mancanza di un intervento pubblico efficace trasforma la malattia in una condanna definitiva. "Chi può permetterselo si affida a costosi centri privati fuori regione. Chi non ha risorse rimane in balia di un sistema che non gli offre alternative".

A peggiorare le cose, la precarietà del personale sanitario. "Molti specialisti dei Centri di Salute Mentale e degli ospedali lavorano con contratti a tempo, gettonisti, specializzandi prossimi alla scadenza. Se non verranno stabilizzati, interi servizi potrebbero chiudere, lasciando migliaia di pazienti senza alcuna assistenza". L’obesità non è ancora riconosciuta nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) come patologia da trattare con risorse adeguate. Anoressia e bulimia, invece, sono considerate malattie sociali croniche, ma la loro gestione è lasciata al caso. "Servirebbe una presa in carico totale, un sistema che accompagni i pazienti a 360 gradi, fornendo supporto non solo sanitario, ma anche psicologico e sociale".

Per ora, le uniche risposte arrivano dal volontariato: "L’associazione 'Lo Specchio Ritrovato', con il supporto della Circoscrizione Uno di Torino, ha aperto uno sportello di ascolto, che in pochi mesi ha già ricevuto oltre cinquanta richieste d’aiuto. Segnale inequivocabile di un problema enorme e ignorato".

La soluzione? "Sarebbero bastati 30 mila euro l’anno per garantire il servizio, una cifra ridicola rispetto al bilancio della sanità regionale". Ma la Regione Piemonte, spiegano, ha deciso di non rifinanziare la legge con fondi propri, affidandosi unicamente a un fondo nazionale già insufficiente. 

La risposta della Regione Piemonte

Di fronte alle accuse di immobilismo, la Regione Piemonte ha risposto nel corso della stessa audizione. "L’obesità deve essere riconosciuta come malattia cronica e per i disturbi alimentari ci vorrebbe un reparto ospedaliero dedicato", hanno ammesso i rappresentanti dell’assessorato. Tuttavia, sottolineano che il lavoro per rafforzare l’assistenza è già in corso. "Non siamo obesi perché mangiamo troppo, ma mangiamo troppo perché siamo obesi", ha spiegato la delegazione dell'Associazione "Rinati sotto la Mole", ribadendo la necessità di percorsi dietologici, psicologici e un follow-up completo per i pazienti.

Per quanto riguarda i disturbi del comportamento alimentare, la Regione ha confermato che "nel centro di riferimento regionale si sta valutando l’istituzione di un reparto dedicato al trattamento acuto di queste patologie". Tuttavia, ha anche precisato che "il problema principale rimane la carenza di personale specializzato, non solo negli ospedali, ma anche nei Centri di Salute Mentale".

Federico Riboldi, assessore alla Sanità (Fonte Instagram)

"In Piemonte manca un reparto di lunga degenza e riabilitazione con un nucleo completo di personale", hanno riconosciuto i funzionari regionali, ma hanno anche precisato che "il percorso di attuazione della legge 10/2022 non è fermo, ma sta procedendo nei limiti delle risorse disponibili". Per quanto riguarda il finanziamento, l’assessorato ha dichiarato che "i fondi nazionali sono già stati allocati e verranno distribuiti secondo le priorità individuate dalla rete di assistenza".

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