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Il caso

Gli bruciano il camper per dispetto: la storia di Esad e della sua "casa" andata in fiamme

Originario della Bosnia, il 73enne ha perso tutto nell'incendio della scorsa settimana

Perdere tutto in un attimo: la storia di Esad e il suo rifugio andato in fiamme

«Sto bene. Non mi serve niente», scuote il capo Esad, 73 anni. Nonostante poco più di una settimana fa gli abbiano distrutto la sua “casa a quattro ruote”, mandandola a fuoco. Un camper bianco stazionato nel parcheggio di via Deledda, all'angolo con corso Cadore, che racchiudeva tutte le sue cose: vestiti, medicine, scarpe, qualche risparmio e poco altro per sopravvivere. Come il cellulare e un vecchio rasoio elettrico, ora mezzo fuso, che si staglia in mezzo alla carcassa del camper.

I resti del camper messo a fuoco

Forse qualche ragazzino annoiato o chissà chi altri ha appiccato il fuoco che ha colpito anche una Toyota Aygo rossa lì di fianco, lo scorso 27 marzo, mentre Esad - per fortuna - non era in "casa". E in meno di dieci minuti tutto è andato distrutto. «Avevo un bagno e due letti, c’era tutto quello che puoi avere in una casa», racconta oggi sotto la tettoia di un’uscita d’emergenza laterale della Coop, che è diventato il suo nuovo giaciglio, a poche decine di metri dal vecchio camper. 

Ora tutto quello che gli serve per vivere - comprese le medicine per lo stomaco, che ha dovuto ricomprare - è riposto in una shopper gialla, mentre un vecchio passeggino viene utilizzato come “valigia” per trasportare i suoi averi nel corso della giornata. «Quello che ancora non sono riuscito a sostituire piano piano lo troverò», racconta un po’ rassegnato. «Per fortuna avevo con me la giacca con i documenti e i soldi», aggiunge fra una sigaretta e l'altra. Poi ripercorre il suo passato: sono almeno dieci anni che Esad ha lasciato la Bosnia - Erzegovina, girando senza fissa dimora. Aveva recuperato quel camper nel 2021 e lo aveva usato per spostarsi fra Cagliari, Roma, infine Torino: per l’esattezza Vanchiglietta. Allestendo il suo camper con tutto quello che poteva servirgli. Oggi si ritrova con un pugno di mosche e l’amaro in bocca di non sapere chi sia stato l’autore del gesto e perché. Ma è convinto di non volere andare in dormitorio: «Molti amici mi hanno detto che ci sono sempre casini e risse. Io voglio stare tranquillo».

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