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Sanità

Ospedali, il modello tedesco di Thomas Schael: «Produrre di più con meno dipendenti»

Intanto gli ospedali torinesi si preparano a utilizzare un nuovo tipo di cuore artificiale "temporaneo" per chi aspetta un trapianto. «E puntiamo al trapianto delle mani»

Ospedali, il modello tedesco di Thomas Schael: «Produrre di più con meno dipendenti»

Inizia preciso e puntuale: «Sono tedesco», scherza Thomas Schael, commissario Aou Città della Salute e della Scienza di Torino da neanche due mesi, ma già tanto chiacchierato. Con il sorriso sgargiante e il papillon che lo contraddistinguono ha presentato questa mattina al collegio Carlo Alberto la quarta edizione del progetto “Grandi Ospedali”, insieme al coordinatore della community ambassador della Sanità Paolo Petralia e Giuseppe Orzati, amministratore di Koncept Srl, la piattaforma organizzativa dell’evento. L’ambizioso obiettivo - anzi leitmotiv -: «Riposizionarci tra i migliori ospedali», annuncia Schael. Come? «Il nostro benchmark è il Charité di Berlino. Uno dei migliori ospedali al mondo: che produce il doppio rispetto a Cdss, pur non avendo il doppio dei dipendenti (15mila a fronte di 9mila a Torino)», dichiara il commissario. E che ha un piano di digitalizzazione in corso per investimenti pari a 120 milioni. Quando il nostro sarebbe di qualche decina di milioni appena. 

La due giorni di “think tank” tra 28 e 29 maggio - ovvero di tavoli di confronto e collaborazione tra esperti in ambito medico, manageriale ed industriale - che avranno il compito di catalizzare la trasformazione del paradigma della sanità odierno, sarà, così, una sorta di trampolino di lancio per Città della Salute e della Scienza: «per favorire contaminazione e condivisione. In una parola: crescere», commenta Petralia. «Declinare l’intelligenza artificiale in ottica italiana: con attenzione alla normative ed alla privacy. Approfondire la telemedicina», aggiunge invece Orzati.

Non si mette in dubbio l’eccellenza dei poli ospedalieri del torinese: «Siamo un riferimento per l'assistenza e ci stiamo posizionando anche a livello internazionale per la ricerca di punta e ci stiamo preparando sulla tecnologia del cuore artificiale per i trapianti, un intervento ponte in attesa di un donatore. È un cuore sviluppato con tecnologia aerospaziale a Parigi e immesso recentemente sul mercato europeo come medical device - spiega - e non deve passare dal comitato etico, perché c'è già l'autorizzazione per utilizzarlo sul mercato europeo. Chiaramente dipende da una valutazione clinica, si tratta di un cuore artificiale che viene utilizzato per un paziente in attesa di donatore, un cosiddetto bridge utilizzato per dare un'altra finestra a chi deve fare un trapianto e non trova un donatore idoneo al quale diamo quindi altri 6-12 mesi di tempo per trovare il donatoreAbbiamo già identificato un potenziale primo paziente che sarebbe idoneo per questo tipo di intervento. Puntiamo inoltre a sviluppare altri tipi di trapianti che oggi non eseguiamo ancora, intestino-fegato e mano».

Un’occasione per fare il punto e mettere a fattor comune le best practices internazionali, dunque: «Obiettivo che nonostante problemi comuni di bilancio e risorse umane stiamo affrontando in modo determinato», aggiunge l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi, in collegamento video. 

Ma se l’ambizione del commissario Schael di raggiungere il “target Berlino” può sembrare stimolante, perché vorrebbe dire ampliare le capienze di Cdss, accrescendo il numero di posti letto (oggi circa 1.600) poco o niente si sa ancora sulle ripercussioni in termini di personale. Più digitale vorrà dire meno personale? Il campo è ancora inesplorato.

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