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IL CASO

Caso Eternit, ridotta in appello la condanna per Schmidheiny: 9 anni e 6 mesi

La nuova sentenza è stata pronunciata oggi dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino

Caso Eternit, ridotta in appello la condanna per Schmidheiny: 9 anni e 6 mesi

Stephan Schmidheiny

È stata ridotta a 9 anni e 6 mesi di reclusione la condanna per Stephan Schmidheiny, l’imprenditore svizzero imputato nel processo Eternit bis, relativo alle morti per esposizione all’amianto a Casale Monferrato. La nuova sentenza è stata pronunciata oggi dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino, che ha così parzialmente riformato la decisione di primo grado, nella quale erano stati inflitti 12 anni di carcere. Il procedimento giudiziario si concentra sulle conseguenze sanitarie e ambientali provocate dalla lavorazione dell’amianto negli stabilimenti della Eternit di Casale Monferrato, dove per decenni migliaia di persone – tra operai e cittadini – sono state esposte alle polveri letali. Nel processo d'appello, la Procura generale aveva chiesto la condanna per omicidio con dolo eventuale. Tuttavia, i giudici hanno confermato l'impostazione già adottata nel primo grado, riconoscendo Schmidheiny colpevole di omicidio colposo: il 77enne svizzero era imputato per la morte di un ex dipendente della Saca di Cavagnolo (azienda controllata dal gruppo Eternit, fallita nei primi anni Ottanta).
Giulio Testore aveva lavorato in quello stabilimento dal 1955 al 1982 ed era deceduto nel 2008 a causa dell’asbestosi, provocata dall’esposizione all’amianto. Si tratta, infatti, di una malattia professionale che spesso si verifica per l’esposizione alle fibre di amianto durante i turni di lavoro. Anche se risultano casi di vittime fra chi viveva nei pressi delle aziende: secondo l'accusa, era il caso di Rita Rondano, contadina che lavorava nei campi che a volte venivano irrigati con le acque di scolo dello stabilimento di Cavagnolo, attraversati da strade poderali ricoperte di polvere d’amianto provenienti dall’azienda.

LE REAZIONI

«Dopo anni di battaglie legali, finalmente una sentenza che dà voce alle vittime dell’amianto e riconosce la gravità di quanto accaduto. Una condanna che non cancella il dolore, ma afferma un principio fondamentale: la vita e la salute delle persone vengono prima di tutto. La decisione della Corte è una vittoria della memoria, della dignità e della verità». E’ il commento dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto. «Siamo rammaricati per la prescrizione di alcuni reati e stupiti per le assoluzioni: attendiamo di conoscere le motivazioni al riguardo.Ci auguriamo che la pena, già ridotta a 9 anni e 6 mesi, venga almeno confermata in Cassazione, per ridare dignità alle tante vittime dell'amianto, ai loro familiari, alle istituzioni, ai sidacati e alle associazioni, come Sicurezza e Lavoro e Afeva, che da anni lottano per avere giustizia» afferma Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro.

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