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VIA MARSIGLI

Riapre l'area cani ma è guerra tra cittadini e clochard "Ha minacciato i ragazzini con una lama. Bruceremo tutto"

Rabbia, paura, violenza: coinvolti anche dei minorenni

Riapre l'area cani ma è guerra tra cittadini e clochard "Ha minacciato i ragazzini con una lama. Bruceremo tutto"

La bocciofila abbandonata, interni

In via Marsigli l’area cani è stata riaperta. Dopo il ritrovamento di bocconi avvelenati e la successiva chiusura per bonificare il posto, i cancelli dello sgambamento in Pozzo Strada sono stati riaperti. Ma le vicende che girano intorno a essa sono tutt’altro che risolte. Un nutrito gruppo di cittadini ha infatti cominciato una raccolta firme: vogliono lo sgombero della bocciofila adiacente l’area cani.

“Sono anni che lavoro sulla bocciofila da riassegnare, è andata a bando ma nessuno la riesce a prendere, le cifre richieste sono troppo alte, 295mila euro. Adesso porterò, di nuovo, il problema sul tavolo della Circoscrizione, a vista della presidente, perché la situazione potrebbe degenerare in fretta” racconta il consigliere Stefano Bolognesi che dal 2019 interroga le amministrazioni locali sul futuro dello sciagurato container di via Marsigli.
Perché il prefabbricato che un tempo era luogo di svago dedicato agli anziani oggi altro non è che un rifugio per disperati e senza tetto. E tra loro ci sono due persone che i residenti non vogliono più avere vicino. “Uno di loro ha urlato più volte che ai cani ci avrebbe pensato lui” sbotta una signora.

“L’altro è uscito con una lama e l'ha sventolata in faccia ai ragazzini” gli fa eco un altro. Dalle testimonianze raccolte, infatti, sembra che ultimamente tutto regni nel rione meno che la pacifica convivenza: si è innescata una macchina di rancore e rabbia che porta i “poveri diavoli” della bocciofila ad essere additati come coloro che potrebbero aver cercato di avvelenare i cani. Nel frattempo, alcuni ragazzini - minorenni - hanno cominciato a girare intorno al perimetro e lanciare pietre contro il rifugio dei clochard, spaccando vetri e attirando le ire degli “inquilini” della bocciofila - che è abbandonata a sè stessa in una cornice di degrado e masserizie, l’erba alta, le recinzioni divelte e diversi mobili abbandonati nell’area esterna. Gli occupanti continuano a rimarcare la loro estraneità ai fatti: “non siamo stati noi, lo giuriamo. Noi qui siamo entrati perché ci hanno dato il permesso di farlo” dicono riferendosi al prete della parrocchia vicino. Parole non confermate da nessuna voce autorevole.

Quello che è certo è che lì dentro non ci sono le condizioni necessarie per vivere: non c’è acqua corrente, non sono presenti i servizi igienici, non c’è corrente. Un tanfo incredibile fa compagnia a coperte luride stese su doghe di ferro e delle vecchie pentole incrostate richiamano l’attenzione di insetti. I vetri sono rotti, un vecchio frigorifero ormai fuori uso da tempo sta al centro del monolocale container, aperto, vuoto, spento. Poco più in là ci sono i segni di un vecchio incendio, provocato da un clochard nel disperato tentativo di scaldare l’ambiente in una notte troppo fredda. Incendio che è costato una brutta ustione all’uomo: alza il fondo del pantalone e all’altezza del polpaccio mostra una cicatrice mai rimarginata da ustione che sta ancora spurgando un liquido misto tra sangue e siero, la carne viva rossa. Ma lui non ne vuole sapere di andarsene: l’alcool e il metadone sono le uniche cose che lo spingono ad aprire gli occhi al mattino, racconta. Ci avviciniamo all’altro occupante: giovane, sveglio, lucido. Ci tratta con rabbia dapprima e poi racconta la sua storia, completamente diversa da quella del suo “coinquilino”, una storia che non vuole venga condivisa. “Ma io da qui me ne andrò presto” afferma. Nel frattempo fuori sta per fare buio. Gli ultimi presenti in area cani si allontanano verso le loro case, è ora di cena. “Se chi deve intervenire non lo fa allora non resta che farsi giustizia da soli. Ma non venite a fare il servizio quando al posto di quel luogo di morte ci saranno solo fumo e cenere”.

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