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Torino
07 Maggio 2025 - 11:15
Ricercatori
In un mondo accademico sempre più competitivo, la città di Torino si trova al centro di una dinamica che vede i suoi giovani talenti scientifici migrare dall'Università al Politecnico. Questa "fuga dei cervelli" a chilometro zero è alimentata da una serie di fattori che vanno oltre la semplice questione economica, ma che trovano in essa un punto di partenza cruciale.
Il cuore del problema risiede, come spesso accade, nel portafoglio. Gli stipendi per i ricercatori all'Università di Torino partono da circa 1.200 euro, una cifra che si avvicina pericolosamente alla soglia di povertà. Al contrario, il Politecnico offre stipendi che partono da 1.380 euro e che, grazie a un aumento approvato dal senato accademico, raggiungeranno i 1.600 euro entro il 2026. Questo "delta", come lo definiscono gli ingegneri, rappresenta una differenza sostanziale per chi vive con contratti precari e lotta per arrivare a fine mese. Andrea Rizzetto, un giovane laureato in chimica, racconta con orgoglio di come il Politecnico offra non solo stipendi più alti, ma anche maggiori opportunità di carriera. "Dopo la laurea, non c'erano posti per proseguire la carriera da ricercatore all'Università, e lo stipendio al Politecnico è stato un incentivo in più", spiega Rizzetto.
Non è solo una questione di denaro. Il Politecnico di Torino offre anche infrastrutture più moderne e opportunità di ricerca più ampie. Carlotta Pontremoli, che dopo sei anni al Politecnico è tornata all'Università, sottolinea come i laboratori del Politecnico siano dotati di strumentazione all'avanguardia, un "benefit" che non è passato inosservato. "Prima di andarmene, ci ho pensato due volte", ammette, evidenziando come la scelta di tornare all'Università sia stata dettata da un'offerta di ricerca più in linea con i suoi interessi personali.
Cristina Prandi, candidata rettrice dell'Università di Torino, ha definito questo fenomeno un "esodo verso corso Duca", sottolineando la necessità di trovare risorse per aumentare le borse di dottorato. "È una questione di equità verso i nostri dottorandi e una condizione necessaria per restare competitivi e attrattivi nel sistema della ricerca", afferma. La sfida è quella di garantire una competizione leale tra i due atenei, partendo dalla stessa linea di partenza.
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