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Economia & Finanza

Che cosa fa ricche le banche? I tuoi soldi. Ecco cosa sapere

Utili netti in crescita del 12% e le commissioni che volano. Addio al credito, si punta al risparmio gestito

Che cosa fa ricche le banche? I tuoi soldi. Ecco cosa sapere

Il primo trimestre del 2025 si è chiuso con risultati brillanti per i cinque principali gruppi bancari italiani – Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco BPM, Monte dei Paschi di Siena e Bper – che registrano un incremento del 12,2% degli utili netti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, una percentuale in cui spiccano i 2,3 miliardi di euro di Unicredit e i 2,65 di Intesa Sanpaolo, ma anche con un trimestre da oltre 330 milioni per Mediobanca. Questo risultato arriva nonostante un calo del 5,5% degli interessi netti, effetto diretto della politica monetaria meno restrittiva della Banca Centrale Europea. In altre parole, con i tassi in discesa, le banche guadagnano meno dai prestiti e mutui concessi.

Ma a compensare questa flessione interviene la crescita delle commissioni nette, in aumento del 7,6%: una voce che oggi rappresenta quasi il 40% del margine primario. È una trasformazione strutturale del modello di business bancario, che non punta più solo sull’attività tradizionale di credito, ma si afferma sempre più come gestore di servizi e patrimoni, il cosiddetto "risparmio gestito".

Che cos’è il risparmio gestito

Il termine “risparmio gestito” si riferisce a quell’insieme di strumenti finanziari e prodotti (come fondi comuni, gestioni patrimoniali, polizze unit-linked) affidati a professionisti del settore, che li amministrano con l’obiettivo di ottenere un rendimento. In sintesi, si tratta di patrimoni conferiti in gestione a società specializzate – spesso appartenenti ai gruppi bancari stessi – in cambio del pagamento di commissioni.

Negli ultimi due anni, le masse gestite da questi soggetti sono aumentate di oltre il 10%, consolidando un trend che ha spinto le commissioni verso una crescita del 13,2% dal primo trimestre 2023.

Efficienza operativa e tagli strutturali

Un altro elemento che ha favorito la performance delle banche è la riduzione dei costi. I costi operativi calano dello 0,5%, in parallelo ai costi per il personale (-0,4%). Questo grazie, o per meglio dire a causa, di una forte riduzione dell’occupazione bancaria (oltre 4mila uscite) e alla chiusura di 514 filiali (-4,4%).

Il cosiddetto cost/income ratio, indicatore chiave di efficienza, migliora dal 39,8% al 38,8%, mantenendosi su livelli nettamente migliori rispetto alla media europea, stimata al 52,4%.

La qualità del credito resta solida

Sul fronte della qualità del credito, la situazione appare positiva. Gli Stage 2, cioè i prestiti che mostrano un significativo peggioramento del rischio, calano dal 9,6% al 9,3% degli impieghi totali. L’NPL ratio netto, che misura l’incidenza dei crediti deteriorati, resta stabile all’1,4%, mentre il costo del rischio di credito scende a 20 punti base, segnalando una minore necessità di accantonamenti per coprire potenziali perdite.

Produttività ai massimi storici

In un contesto in cui si tagliano filiali e personale, è la produttività a registrare le performance migliori. Le commissioni nette per dipendente aumentano del 9,6%, mentre il risultato netto pro capite cresce del 6,4%. Anche la solidità patrimoniale rimane elevata, con un CET1 ratio – indice di capitalizzazione – al 14,94%, ben sopra i requisiti regolamentari.

Colombani (First Cisl): “Così il risparmio perde la sua funzione sociale”

A commentare il quadro è Riccardo Colombani, Segretario Generale di First Cisl, che avverte: “Il risparmio è l’oggetto del desiderio delle banche, perché consente ricavi elevati, con rischi contenuti e minori assorbimenti di capitale. Le attività di asset e wealth management rappresentano un toccasana per il conto economico bancario e potrebbero accrescere il valore in Borsa dei gruppi creditizi”.

Tuttavia, Colombani denuncia un disallineamento rispetto alla funzione tradizionale del risparmio: “Sempre meno risparmio è destinato al finanziamento dell’economia reale. Le grandi banche hanno progressivamente ridotto l’erogazione di credito alle imprese non finanziarie, e il risparmio gestito tende a fluire verso mercati finanziari più ampi ed efficienti, come quelli esteri, anziché restare nel circuito produttivo nazionale”.

Un sistema da riequilibrare

Il rapporto tra impieghi e raccolta delle banche italiane è tra i più bassi in Europa, soprattutto se confrontato con le banche tedesche e francesi. E se da un lato i risultati trimestrali delle banche possono essere motivo d’orgoglio industriale, dall’altro pongono una questione di funzione sociale del sistema finanziario.

Secondo Colombani, servono politiche pubbliche di indirizzo e incentivazione affinché il risparmio – richiamato anche dal Presidente della Repubblica nella Giornata del Risparmio – torni ad essere un bene della comunità, e non solo una fonte di guadagno per pochi.


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