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IL FATTO

Gigi Moncalvo al Lingotto: "Che vergogna la fine dell'ex Fiat"

Pranzo leggero, libro sul tavolo: lo scrittore alessandrino si "sbottona" al ristorante

Gigi Moncalvo al Lingotto: "Che vergogna la fine dell'ex Fiat"

Intercettare, al Lingotto, l’autore Gigi Moncalvo, al Salone del Libro per presentare “The italian royal family” (Vallecchi editore): un pranzo leggero e informale, al ristorante (un piatto estivo, mozzarella e crudo), sul tavolo il suo penultimo lavoro editoriale (Agnelli segreti, edizioni Vallecchi) e soprattutto cinque minuti per una battuta in un contesto più tranquillo rispetto a quello fieristico.
E cosa ci fa, Moncalvo, in quella che era proprio “casa” Fiat? 

"Sono venuto a farmi rimordere la coscienza" attacca l'autore, nato a Gavi, classe 1950 "perchè vedere che in questo albergp sono state destinate alcune aree di camere che portano i nomi dei reparti Fiat, come la famosa 'verniciatura', piuttosto che la carrozzeria... Una forma di snobbismo fuori luogo, va bene un ricordo, ma così è prendere in giro le migliaia di lavoratori che sono passati da qui per ben altre ragioni" afferma lo scrittore alessandrino. "Tra l'altro qui sopra, oltre l'ufficio dell'Avvocato, c'era la stanzetta dove abitava Gianluigi Gabetti, cioè l'uomo più importante di Fiat: dormiva in un monolocale di 40 metri quadri, nella stanza vicina la sua guardia del corpo, e soprattutto viveva in una camera dove il bagno non aveva nemmeno la finestra. Una sistemazione da 136 euro a notte". E Moncalvo continua: "Monastico, almeno nell'aspetto. E poi, dall'altra parte, l'opulenza. Soprattutto ai danni dei torinesi: la vendita del Lingotto, con il Comune (di Torino) che corre a comprarlo, e poi la Fiat che affitta, per se stessa, a basso prezzo ovviamente, lo stesso baraccone che aveva svenduto". Una sola parola? "Vergogna" conclude Moncalvo.

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