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La parola ai lettori
24 Maggio 2025 - 14:10
Licenziato da Gtt per furto, i politici non pagano mai
Egregio direttore Monticone, leggo oggi sul nostro giornale la decisione di licenziamento di un manutentore di Gtt che per 28 anni ha lavorato senza un richiamo in tutti gli anni di lavoro. Decisione presa dopo ispezione, dove riscontravano la mancanza di due filtri, del valore di sedici euro. Ma ci dimentichiamo che un nostro parlamentare, che ha uno stipendio di 4700 euro mensili, più le entrate aggiuntive di circa 3500,era stato beccato al duty free di Fiumicino per un furto di un profumo di circa cento euro, ma con 500 euro di ammenda e con il reato estinto, ma è sempre al suo posto, tutto messo a tacere e non ci dimentichiamo di un altro nostro parlamentare Roberto Cota, condannato per appropriazione indebita e peculato, condannato a un anno e sette mesi, ma continua a restare al suo posto. Mi auguro che per il manutentore della Gtt si risolva in modo positivo. Ma dobbiamo vergognarci di persone che hanno rubato a tutti noi, siano ancora al loro posto. Assurdo.
Osvaldo Bertino
Caro Bertino, una precisazione: Roberto Cota non è più né parlamentare né rappresentante politico di sorta. Quanto al primo esempio che lei fa, il Parlamento non è gestito come un’azienda (privata): altrimenti ci sarebbero licenziamenti per assenteismo, più che per furto o malversazione.
A.Mon.
Proposta
Un’Accademia di giustizia
Egregio direttore Monticone, pare che la giustizia funzioni nei film o negli sceneggiati televisivi. Le cronache ci stanno evidenziando una cosa contraria. Ovvero come sono condotte le indagini. Nei film tutto finisce a lieto fine, qualcuno molto sbrigativamente vorrebbe che funzionasse anche nella realtà. Ma non è così. Da Avetrana Lecce a Garlasco Pavia, passando per via Poma a Roma o ad Erba Como e Bergamo, Cogne Aosta, è un susseguirsi di flop clamorosi. Qualche tempo fa proposi l’ipotesi di rivedere il processo da indiziario ad accusatorio. Con una riforma della giustizia che formasse i magistrati e gli investigatori, per la ricerca della verità e condannasse il reo e non un reo per affrettare le cose o per compiacere qualcuno. Occorre che l’azione del legislatore non sia la divisione delle carriere, ma quella dell’impianto del processo e di conseguenza degli operatori della giustizia.
Oggi chi si laurea in giurisprudenza e vuole procedere alla carriera forense deve sostenere l’esame di Stato per avvocato. Chi vuole procedere alla carriera in magistratura deve solo vincere un concorso pubblico. Poi tutto è quasi automatico il salire la scala della carriera. A volte si può prendere anche l’ascensore, come una pedalata assistita. Per evitare che la trasparenza e il merito siano solo affermazioni ideologiche, occorre passare ai fatti. Una riforma della giustizia non passa attraverso una legge, ma da una vera formazione, attraverso l’istituzione di una vera Accademia della Giustizia post laurea. Per la formazione del personale che deve amministrare la giustizia. Esattamente come esiste l’accademia militare per la formazione del personale che deve amministrare lo strumento militare che è l’Esercito, la Marina militare , l’Aviazione, la Polizia di Stato, la Guardia di Finanza, i Carabinieri. I quali poi sono assegnati ai vari reparti, dove c’è bisogno, con carriera in base a criteri di merito e risultati ottenuti. Con questo sistema, anche la Trasparenza è accontentata. Togliendo l’ingerenza della politica e del sindacato. Ma solo a servizio della legge e del cittadino, tanto per essere retorici.
Speriamo che tra i lettori del nostro quotidiano ci siano soggetti che sono preposti a decidere. Questo perché le lettere al Direttore sono una fonte di proposte. Ma soprattutto la sapienza popolare della società civile organizzata e del vivere nella realtà quotidiana.
Cosimo Golia
Diritti
Quei figli senza madre
Caro direttore, purtroppo la cronaca di tutti i giorni ci informa del decesso di persone (oggi parliamo di uomini) per le cause più disparate. Molti di costoro sono padri di famiglia e lasciano figli, da neonati ad adulti, che dovranno convivere con questa tragedia e affrontarla come tale. Ma questa è la vita, questo è il destino. Quello che sconvolge è la volontà di privare da subito e coscientemente il bambino dell’amore e dell’abbraccio di un padre che gli mancheranno sia nella vita privata che nel confronto con tutti gli altri amici e compagni in tutte le fasce di età che dovranno attraversare. Non ho parole per descrivere il vigliacco e caparbio egoismo di queste donne che per affermare il proprio “femminismo” (d’accatto) condannano il piccolo (e la piccola, pardon) a fare a meno fin dalla nascita della figura paterna. I torinesi sono proprio sfigati ! Cos’hanno fatto di male per avere uno dopo l’altra sindaci che avallano compiaciuti e, orgogliosi d’essere i primi, l’ultima sentenza della Corte Costituzionale? Evidentemente neanche le parole del nuovo Papa sono servite a far cambiare l’idea a certa gente!
Renato De Giovannini
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