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IL FATTO
03 Luglio 2025 - 16:58
Il corteo era stato spacciato come una manifestazione di solidarietà. Un “evento” concluso con 19 imputati, 18 rinvii a giudizio, sei misure restrittive ancora attive, una sfilza di accuse pesanti dalla devastazione alla resistenza, dall’apologia di terrorismo all’istigazione a delinquere. Il processo per i disordini del 4 marzo 2023, durante la marcia anarchica in solidarietà ad Alfredo Cospito, è ufficialmente cominciato a Torino. Quel giorno la città si era trasformata in uno scenario di guerriglia urbana: vetrine sfondate, cassonetti rovesciati, arredi urbani distrutti, venti auto danneggiate. La sola filiale della Reale Mutua ne uscì con danni per 370mila euro, su un totale che la procura stima in oltre 672mila euro. L’accusa, rappresentata dal pm Paolo Scafi, contesta agli imputati reati gravissimi, aggravati dal movente politico.
Fra loro c’è anche un nome storico: Pasquale Valitutti, 79 anni, volto noto dell’anarchismo italiano, presente al corteo su una sedia a rotelle. Deve rispondere di resistenza a pubblico ufficiale, per il ruolo che avrebbe avuto nell’organizzazione della manifestazione, e di apologia e istigazione a reati di terrorismo, per alcune interviste rilasciate nei giorni precedenti. Oggi è sottoposto all’obbligo di dimora a Roma. L’accusa nei suoi confronti che lo vedeva indagato per istigazione a delinquere è stata stralciata nelle scorse settimane. Sul 79enne è in corso una consulenza di parte per verificarne le condizioni psicofisiche: l'esito dovrebbe essere comunicato intorno alla metà di luglio. Il corteo del 4 marzo non fu casuale. Si inseriva nel contesto della protesta per Cospito, detenuto al 41 bis, in sciopero della fame. Una protesta diventata rapidamente simbolo per ampi settori dell’area anarchica. In quel periodo il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva firmato il rigetto della revoca del 41 bis. «Vi ringrazio, me l’aspettavo», aveva commentato Cospito.
Per gli imputati, quel gesto firmato dal ministro era un nodo centrale del processo. Per questo avevano chiesto che Nordio testimoniasse, ritenendo essenziale “ricostruire il contesto storico” in cui la protesta era esplosa. Nordio che, tra l’altro, era stato insultato con la scritta “Boia” in uno dei tanti atti vandalici commessi quella notte di due anni fa. Ma il giudice ha rigettato l’istanza, dichiarando «superflua» la sua audizione perché «il contesto può essere ricostruito documentalmente». Nel frattempo, mentre si apriva il processo, un presidio si formava davanti ai cancelli, con una trentina di militanti che manifestava solidarietà per gli imputati. "Solidarietà è lotta, contro il 41-bis, tutte libere" e "Devastano con le guerre, saccheggiano il pianeta, resistere è agire", recitavano gli striscioni.
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