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le ville nascoste e le loro storie
09 Luglio 2025 - 18:30
Sulla collina torinese, celata da una fitta boscaglia e raggiungibile solo attraverso un sentiero tortuoso, sorge Villa Becker: un tempo sontuosa dimora dell'aristocrazia, oggi malinconico relitto della sua stessa grandezza. Dimenticata dai più, bellezza nascosta, questa villa incanta ancora, anche se ferita dal tempo e dagli uomini.
Un tempo la villa era il cuore pulsante della vita mondana torinese: balli sfarzosi, eleganza, seduzione e potere scorrevano tra i suoi saloni. La nobiltà piemontese faceva a gara per varcarne i cancelli, in cerca di prestigio e meraviglia. Oggi, quegli stessi saloni sono ridotti a stanze vuote, finestre murate, mura lesionate. Eppure, la magia non se n’è andata.
Chiunque abbia la fortuna (e il coraggio) di affrontare la ripida salita che porta alla villa, tra ortiche, fango e silenzi inquieti, sa che l’incanto inizia ancora prima di arrivare. Quando appare, improvvisamente, dietro gli alberi, Villa Becker lascia senza fiato: la facciata, pur segnata dal tempo, conserva un’eleganza severa, quasi regale.
Varcata la soglia, si entra in un tempo sospeso. Il piano terra è dominato da archi a sesto acuto, colonne affusolate e un soffitto affrescato dai colori vivaci, ancora sorprendentemente intatto. Al centro, un camino originale regge il peso della storia. L’arredo è ormai sparito, salvo qualche poltrona rovinata, ma ogni dettaglio architettonico sussurra storie secolari.
La vera meraviglia è al piano superiore: salendo la scalinata con la preziosa ringhiera cesellata, si giunge al grande salone. Qui le pareti, le finestre, il camino e persino il soffitto decorato sembrano trattenere l’eco di balli, risate e segreti. Lì si narra che, agli inizi del Novecento, soggiornò lo scrittore inglese David Herbert Lawrence con la moglie Frida. Proprio in quel periodo, si dice, trovò l’ispirazione per scrivere L’amante di Lady Chatterley, il romanzo che scandalizzò il mondo.
La storia della villa, però, è ancora più antica. Fu costruita nel 1603 dal marchese Ludovico San Martino D’Agliè, zio di Filippo, membro di una delle più antiche famiglie nobili del Piemonte. Alla sua morte nel 1646, la villa passò al nipote Filippo, figura di rilievo nella corte sabauda, letterato e musicista, che vi abitò fino al 1667. Le prime descrizioni dettagliate della residenza risalgono al 1791, quando fu citata da Giovanni Lorenzo Amedeo Grossi nella sua guida alle ville torinesi.
Nel corso dei secoli, Villa Becker fu ampliata e modificata più volte, seguendo i gusti delle diverse epoche e dei numerosi proprietari. Nel Novecento divenne proprietà di Sir Walter Friederich Becker, diplomatico britannico e Console Generale del Siam, grande amante dell’Italia. Tra il 1903 e il 1911, affidò all’architetto Pietro Fenoglio un'importante opera di rinnovamento. Nella villa ospitò artisti e intellettuali, tra cui proprio Lawrence, che ne rimase profondamente affascinato.
Alla morte di Sir Becker nel 1927, la residenza passò alla moglie Delphine, poi al suo secondo marito, il marchese Demetrio Imperiali di Francavilla. La figlia di quest’ultimo, Katie Boyle, ne lasciò una descrizione romantica e malinconica nella sua biografia What This Katie Did, pubblicata nel 1980.
Dopo l’ultimo restauro noto, risalente agli inizi del Novecento, la villa cadde progressivamente nell’oblio. Nel 2022, tre incendi dolosi hanno danneggiato gravemente il sottotetto e causato il crollo di alcune stanze, spingendo la Soprintendenza del Piemonte a richiedere interventi urgenti, minacciando l’esproprio in caso di ulteriori inadempienze.
Nonostante tutto, Villa Becker non ha perso il suo fascino. Nel 2007, Dario Argento la scelse come ambientazione per le scene finali del suo film La terza madre, trasformandola nella "villa delle catacombe", senza bisogno di scenografie: bastava la sua bellezza decadente.
Oggi la villa resta invisibile agli occhi dei più. Nascosta nella boscaglia, è raggiungibile solo da chi conosce esattamente la strada. Ma chi la trova, scopre un luogo sospeso tra storia e leggenda, tra nobiltà e rovina. Un gioiello dimenticato che meriterebbe ancora di splendere.
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