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la storia del maestoso castello

La storia del Castello del Valentino, la residenza sabauda mai veramente voluta dai Savoia (o forse no), oggi sede di PoliTO

Dalla residenza fluviale alla sede del Politecnico: secoli di storia tra arte, potere e trasformazioni urbane

La storia del Castello del Valentino, la residenza sabauda mai veramente voluta dai Savoia (o forse no), oggi sede di PoliTO

Sulle sponde del Po, nel cuore di Torino, si estende il Parco del Valentino, luogo iconico che ospita una delle residenze storiche più rappresentative del Piemonte: il Castello del Valentino.

Acquistato da Emanuele Filiberto di Savoia nel 1564, all’indomani del trasferimento della capitale del Ducato Sabaudo a Torino dopo la pace di Cateau-Cambrésis, l’edificio deve il suo nome ai caratteri geomorfologici della zona, denominata «Vallantinum» già nei documenti del XVII secolo perché non pianeggiante e uniforme, ma segnata dalla presenza di una valle attraversata da un corso d’acqua, la bealera del Valentino, che tuttora scorre interrata.

Inizialmente una villa fluviale con affaccio principale sul fiume, la residenza, di pianta semplice e sviluppata su quattro livelli paralleli al Po, era delimitata a sud da una torre con vano scala e a nord da un volume sporgente. L’edificio subì presto lavori di abbellimento, che interessarono in particolare gli interni.

La vera trasformazione avvenne nel Seicento grazie a Cristina di Francia, sposa di Vittorio Amedeo I e, dopo la morte del marito, prima Madama Reale. Fu lei a promuovere un ampio cantiere architettonico che, sul modello transalpino della maison de plaisance, integrò il castello in un contesto territoriale più ampio, esteso dalla città alla collina, dove la duchessa costruì la sua Vigna, oggi nota come villa Abegg.

I progetti degli architetti Carlo e Amedeo di Castellamonte conferirono al castello la sua forma attuale, basata sul modello del pavillon-système francese: la struttura originaria venne raddoppiata e chiusa con due torri raccordate da portici terrazzati a due padiglioni frontali, orientati verso Torino e uniti da un’esedra semicircolare. Sul lato del fiume, la simmetria fu marcata da un avancorpo; verso la città, un atrio d’ingresso con scaloni a doppia rampa conduceva alla loggia del piano nobile e al Salone d’Onore.

All’interno, due appartamenti laterali simmetrici furono decorati da maestranze provenienti dalla regione dei Laghi. Ogni stanza presentava un affresco centrale a tema, attorno al quale si sviluppava l’intero apparato decorativo con stucchi e pitture. Il programma fu ideato dal conte Filippo di San Martino d’Agliè, letterato e confidente di Cristina. L’appartamento sud, riservato alla duchessa, si distingueva per la doratura degli stucchi; quello a nord, per il principe ereditario, era decorato con stucchi bianchi.

Terminata la sua funzione residenziale, il castello divenne nel XIX secolo sede della Scuola di Veterinaria, poi fu convertito in caserma militare. Nel 1850 passò dalla Corona al Demanio dello Stato. A metà secolo, l’area intorno al castello venne trasformata in parco pubblico e scelta per ospitare la Sesta Esposizione Nazionale dei Prodotti dell’Industria, promossa dal conte di Cavour.

In questa occasione, l’edificio fu restaurato dagli architetti Luigi Tonta e Domenico Ferri, che operarono nel linguaggio eclettico e storicista dell’epoca. Le terrazze tra le torri vennero sostituite con ampie gallerie, parte dell’apparato decorativo fu modificata e l’affaccio principale fu ribaltato verso Torino, trasformando definitivamente la “villa” in un vero e proprio castello secondo la sensibilità ottocentesca.

Nel 1859, con la legge Casati, il castello fu scelto come sede della nuova Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri, inaugurata nei primi anni Sessanta. Da quel momento, l’edificio divenne un centro di formazione universitaria, ricerca scientifica e sperimentazione tecnologica, un cantiere culturale e accademico in continua evoluzione.

Durante la Seconda guerra mondiale, il castello subì gravi danni a causa dei bombardamenti del 1942 e 1943, che interessarono in particolare i tetti e gli affreschi interni. I restauri iniziarono subito dopo il conflitto, nel 1945.

Dal dopoguerra, l’edificio è sede esclusiva del Dipartimento di Architettura del Politecnico di Torino. Nel 1997, il Castello del Valentino è stato inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO, all’interno del sito seriale delle Residenze Sabaude.

Grazie ai recenti restauri, è stata restituita la colorazione originaria degli esterni e sono stati riaperti ambienti storici come la Sala dello Zodiaco e una cappella secentesca ritrovata nel 2018. Simbolo della continuità tra passato e futuro, il Castello del Valentino rappresenta oggi un punto di riferimento per la cultura, la formazione e l’innovazione architettonica torinese.

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