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31 Luglio 2025 - 10:25
Questa estate, camminando tra i sentieri alpini di Piemonte e Valle d’Aosta, non è raro imbattersi in gigantesche marmotte colorate in plastica rigenerata. Sono le opere della Cracking Art, collettivo artistico noto per le sue installazioni in plastica riciclata, che ha portato in alta quota 23 sculture temporanee, in collaborazione con il Museo di Scienze Naturali della Valle d’Aosta.
Collocate nei pressi di alcuni rifugi storici come il Coda, Rivetti, Quintino Sella e Vittorio Sella, le marmotte non sono certo passate inosservate. L’obiettivo dichiarato del progetto è ambizioso: creare un “bestiario fantastico” che unisca natura, immaginazione e riflessione sull’ambiente, promuovendo un messaggio di sostenibilità attraverso materiali riciclati e design pop.
Ma l’arte, si sa, divide. E anche questa iniziativa non ha fatto eccezione.
Non tutti gli escursionisti e gli amanti della montagna hanno accolto positivamente l’arrivo delle marmotte di plastica. Sui social e nei forum dedicati all’escursionismo si moltiplicano i commenti di chi accusa l’iniziativa di “inquinare visivamente” il paesaggio alpino, un luogo che molti considerano sacro nella sua integrità naturale.
C’è chi parla apertamente di una “contaminazione estetica”, chi teme un precedente per future installazioni ancora più invasive, e chi pone dubbi sulla coerenza di un messaggio ambientalista veicolato da sculture in plastica, per quanto riciclata.
A rispondere alle critiche è stato il Club Alpino Italiano (CAI) di Biella, tra i principali sostenitori dell’iniziativa sul territorio. Il presidente Andrea Formagnana ha difeso con decisione il progetto, sottolineando che le opere sono posizionate esclusivamente in aree antropizzate, nei pressi dei rifugi, non lungo i sentieri o nei luoghi incontaminati.
Inoltre, ha ribadito l’impegno ambientale dell’intera operazione: le sculture sono realizzate in plastica rigenerata e rigenerabile. Quando si deteriorano, vengono rifuse e trasformate in nuovi oggetti, senza lasciare alcun rifiuto permanente. Un esempio concreto di economia circolare applicata all’arte.
La Cracking Art, nata negli anni ’90 e conosciuta per le sue installazioni urbane di animali colorati, non è nuova a queste discussioni. La scelta di portare le marmotte — simbolo amato e riconoscibile della fauna alpina — tra le vette, vuole stimolare una riflessione non convenzionale sul rapporto tra uomo e natura, arte e territorio, materia e significato.
L’impatto visivo è certamente forte, e forse è proprio questo il punto: invitare a guardare il paesaggio con occhi diversi, non per sostituirlo, ma per farci domande nuove. E se il dibattito è acceso, forse l’arte ha fatto ancora una volta il suo lavoro.
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