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Il ritorno di Anna Maria Franzoni

Il pigiama insanguinato, la TV (e la "parentela" con Prodi), le accuse al vicino: ecco le tappe del giallo di Cogne

Dall'omicidio di Samuele nel 2002 agli undici anni anni scontati fra carcere e detenzione domiciliare

Il pigiama insanguinato, la TV (e la "parentela" con Prodi), le accuse al vicino: ecco le tappe del giallo di Cogne

Annamaria lavorava in hotel, Stefano era in vacanza. Comincia così, tanti anni fa, la storia dei Lorenzi-Franzoni e Cogne: un incontro estivo, l’amore che diventa matrimonio e quel sogno di andare a vivere in Paradiso. O, almeno, ai piedi del Gran Paradiso. Finché in Paradiso è corso il sangue.

Era il 30 gennaio 2002 quando al 118 era arrivata una richiesta di intervento da una villetta di frazione Montroz: un bambino di tre anni sta male, «ha vomitato sangue», poi «gli è esplosa la testa» come dice una dottoressa - la psichiatra Ada Satragni - al medico del 118 intevenuto. Siamo attorno alle 8 del mattino: il piccolo Samuele, di 3 anni, viene caricato sull’elicottero e portato in ospedale, ma ufficialmente il decesso è accertato già in volo. Nella villetta, ci sono un piumone imbrattato di sangue, sul lettone dei genitori dove la mamma dice di averlo adagiato, e una bacinella d’acqua con cui avevano provato a lavare il viso del piccino. Ma c’è sangue anche sulle pareti. E su un pigiama da donna, azzurrino. E’ il pigiama insanguinato che sarà la prova regina, nei vari processi: l’assassino indossava il pigiama, il pigiama è di Annamaria Franzoni, l’assassino è Annamaria Franzoni.

L’indagine dei carabinieri è complessa: anche perché l’arma non si trova. E poi, perché uccidere un bambino? Annamaria Franzoni racconta di essere uscita di casa, senza chiudere la porta a chiave, per accompagnare il figlio maggiore, Davide di 7 anni, alla fermata del bus. Pochi minuti di assenza...

Annamaria Franzoni viene arrestata poco dopo il funerale di Samuele, portata in carcere a Torino. Viene scarcerata grazie all’azione dell’avvocato Carlo Federico Grosso, un principe del Foro che a Cogne passa le vacanze. Ma il patriarca dei Lorenzi vuole un difensore più deciso, aggressivo, che metta a tacere il circo mediatico che già sta montando (compresa la voce sempre smentita di una parentela con la moglie di Romano Prodi): arriva Carlo Taormina. Il processo di primo grado, ad Aosta, si celebra nel 2004 in abbreviato e si conclude con una condanna a 30 anni. Il massimo.

Da lì all’appello, c’è spazio per tutto: le indagini difensive di Taormina e i suoi consulenti che puntano sul vicino di casa, il guardaparco Ulisse Guichardaz, accusato di comportamenti bizzarri, di interesse morboso per Annamaria... Ci sono le ricostruzioni in TV con tanto di plastico da Bruno Vespa. Esplode la moda dei criminologi. Annamaria va piangere in televisione, da Maurizio Costanzo viene fuori che è incinta - subito dopo il delitto, al marito, disse «mi aiuti a farne un altro, di figlio?», frase raccolta da un carabiniere -, si susseguono anni di informazioni e smentite, di divisione feroce fra innocentisti e colpevolisti.

Il processo d’appello si celebra a Torino: la tesi del pg Corsi è che Annamaria sia «una brava mamma» che ha avuto un momento di blackout, per così dire, «un obnubilamento temporaneo della coscienza». Ha ucciso e non ricorda. Il colpo di scena è che l’avvocato Taormina - che anni dopo sosterrà di non essere mai stato pagato, circa 800mila euro, e pignorerà la villetta - lascia l’incarico nel pieno dell’udienza.

Subentra l’avvocato Paola Savio, che insinua il dubbio tra i giurati popolari. Ma la condanna arriva lo stesso. Poi la Cassazione conferma: 16 anni di reclusione. Siamo nel 2008.

Stesso anno e inizia il Cogne Bis, con l’accusa di calunnia nei confronti di Guichardaz. La Franzoni intanto, che era tornata a vivere nella natia Santa Caterina a Ripoli, è detenuta nel carcere bolognese della Dozza. Dopo 6 anni viene scarcerata - oltre ai vari permessi - in favore della detenzione domiciliare, per badare al terzo figlio, Gioele. Fra riduzioni di pena e indulto, dal 2018 è definitivamente libera.

Samuele giace in una tomba con lapide anonima, per salvarlo dalla curiosità morbosa. Ancora oggi, a distanza di oltre vent’anni.

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