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03 Settembre 2025 - 07:00
Annamaria Franzoni (la donna al centro) e il marito Stefano Lorenzi (primo da sinistra) a Cogne
E’ mezzogiorno quando quattro persone, due uomini e due donne, scendono le scale e si avviano all’auto. Tra queste c’è lei, Annamaria Franzoni. Capelli scuri raccolti, oggi ha 54 anni, qualche chilo in più rispetto alla giovane donna filiforme che gli italiani erano abituati a vedere nelle aule di tribunale (o nello studio di Porta a Porta) ma accanto a sé, ora come 23 anni fa, c’è sempre il marito, Stefano Lorenzi. Inseparabili, nonostante la loro vita non sia più la stessa dal 30 gennaio 2002, giorno in cui venne ucciso il loro figlioletto, Samuele, di soli tre anni.
Marito e moglie escono dalla villetta di Cogne, frazione Montroz, la “casa del Diavolo” che cinque anni fa era stata messa in vendita per un contenzioso tra la famiglia Lorenzi e l’avvocato Carlo Taormina. «Prendiamo la nostra o la vostra?», dicono Annamaria e il marito all’altra coppia (forse parenti o amici), riferendosi alla macchina con la quale scendere, da Montroz, a Cogne. Tutto il gruppetto sale su una Volkswagen Amarok, un pick-up bianco guidato da Stefano Lorenzi. Giù dalla villetta verso il paese.
«Abitano qui, sia lui che lei», mormorano gli operai che smontano all’ora di pranzo dal cantiere di una villa, in ristrutturazione e in vendita, confinante con quella della famiglia Lorenzi. E la conferma che Annamaria Franzoni e il marito Stefano abitino a Cogne, arriva anche dai vicini di casa. «Sono a Cogne dall’inizio dell’estate, al mattino vanno a comprare il latte in un negozio poco distante da qui», racconta una signora, che abita a cento metri dalla famigerata casa. «La villa è in vendita? Lo è stata, ma adesso non lo è più». Dunque, la mamma del piccolo Samuele vive a Cogne. Perlomeno, ci vive sicuramente durante i tre mesi estivi e forse anche qualcosa in più, per poi dedicarsi all’agriturismo di famiglia a Monteacuto Vallese (Bologna), suo paese natale.
A Cogne, qualcuno ancora si avvicina alla villetta del delitto, chiedendo di comprarla. Ma non è in vendita e quasi certamente non lo sarà più. «Non ce ne andiamo. Samuele è qui. E’ sempre qui», frase che Stefano Lorenzi, padre del bimbo ucciso, avrebbe pronunciato non più di qualche settimana fa a delle persone interessate all’acquisto. Una casa che si presenta in perfette condizioni. Il giardino ben curato («Lorenzi veniva sempre a tagliare l’erba, non ha mai lasciato la villa nell’incuria», così il vicinato) e accanto a una sedia e sotto a una finestra, spuntano dei giocattoli. C’è un camioncino colorato, forse uno dei giochi del piccolo Samuele, ucciso il 30 gennaio di 23 anni fa. Un delitto per il quale la Franzoni era stata condannata a 16 anni di carcere, poi ridotti a dieci per indulto e buona condotta.
E il paese, come apprende il ritorno di Annamaria Franzoni? «Non ne voglio parlare», taglia corto la titolare del Cafè du Centre, bar di via Bourgeois, strada principale del paese valdostano. Bocche cucite anche dal vicino negozio di alimentari. «Di questa storia non ne vogliamo sapere». A vuoto anche le domande sulle abitudini della Franzoni e del marito. «Abitano qui? Non lo sappiamo», la risposta di due avventori del bar gelateria Edelweiss, in via Cavagnet. E invece, Annamaria Franzoni è proprio a Cogne. E vive ancora nella casa maledetta.
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