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Il caso
26 Settembre 2025 - 18:57
Mentre a Torino la Polizia Scientifica si prepara ad analizzare sei impronte digitali rilevate su un sacchettino di cereali e su un sacco della spazzatura — elementi chiave dell’accertamento irripetibile disposto dalla Procura — il caso Garlasco si muove su un fronte parallelo, e ora anche giudiziariamente clamoroso. Nelle stesse ore in cui i materiali arrivano nei laboratori del capoluogo piemontese, a oltre cento chilometri di distanza prende forma un’indagine che scuote il passato di quel fascicolo. L’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, è stato iscritto nel registro degli indagati con un’accusa pesantissima: corruzione in atti giudiziari. A sostenerla è la Procura di Brescia, che ha avviato l’inchiesta a partire da un appunto sequestrato il 14 maggio scorso nella casa della famiglia Sempio, a Garlasco: “Venditti / gip archivia X 20-30 euro”, si legge su un bloc notes, datato (forse erroneamente) febbraio 2016. Secondo gli investigatori, la grafia è di Giuseppe Sempio, padre di Andrea, l’attuale indagato per l’omicidio di Chiara Poggi. Intanto, a Torino, il materiale biologico e dattiloscopico — comprese le impronte compatibili con Sempio, rilevate su contenitori trovati nella casa di Chiara — è stato acquisito nell’ambito dell’incidente probatorio già in corso. La gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, ha concesso una proroga di 70 giorni: i periti nominati dal tribunale, la genetista Denise Albani e il dattiloscopista Domenico Marchigiani, hanno chiesto più tempo per completare le analisi. Prossima udienza fissata per il 18 dicembre. Ma è l’indagine bresciana — parallela ma intrecciata — a spostare il peso del caso su un altro versante. Questa mattina, carabinieri e Guardia di Finanza hanno eseguito perquisizioni in tre residenze di Venditti (a Pavia, Genova e Campione d’Italia, dove oggi è presidente del Casinò), e in diverse abitazioni della famiglia Sempio. Sotto controllo anche i carabinieri in congedo Silvio Sapone e Giuseppe Spoto, all’epoca in servizio nella sezione di polizia giudiziaria della Procura di Pavia, incaricati delle trascrizioni su Sempio.Secondo l’ipotesi accusatoria, dietro a un’indagine “sciatta”, priva di approfondimenti, ci sarebbe un dolo, e un pagamento. Gli accertamenti bancari del Gico hanno tracciato oltre 40mila euro in movimenti sospetti, tra assegni e prelievi in contanti: somme versate da zie e parenti stretti di Andrea Sempio a Giuseppe Sempio, poi girate a terzi. Tra questi, anche un bonifico di oltre 6mila euro all’ex generale del Ris, Luciano Garofano, oggi consulente tecnico dell’indagato. All’epoca dell’indagine su Stasi, però, non presentò alcuna memoria, né risulta un incarico ufficiale dai legali di allora. L’avvocato di Andrea Sempio, Massimo Lovati, ha minimizzato la portata economica: «40mila euro? Una cifra ridicola se vista come prezzo della corruzione. Un magistrato prende 10mila euro al mese, cosa se ne fa di 40mila?». E sul bonifico a Garofano: «È il pagamento per una consulenza tecnica, nulla di strano». Sulle accuse più gravi, ha poi aggiunto: «Serve una perizia calligrafica per attribuire quel foglio, e soprattutto bisogna capire chi sarebbe il corruttore».Dall’altra parte, l’avvocato di Alberto Stasi, Antonio De Rensis, ha parlato di “accuse di gravità inaudita”. Il legale della famiglia Poggi, Francesco Compagna, ha invece ricordato che «contro Andrea Sempio, in tutti questi anni, non è mai emersa una prova concreta».Dopo la perquisizione, i genitori di Sempio — Giuseppe Sempio e Daniela Ferrari — sono stati ascoltati come persone informate sui fatti nella caserma della Finanza a Pavia. Non sono indagati, ma i militari vogliono chiarimenti su quei soldi. E su quel pizzino. Diciotto anni dopo, il caso Garlasco continua a pesare. E ora, mentre la giustizia indaga sull’omicidio, deve interrogarsi anche su chi avrebbe dovuto fare giustizia.
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