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IL REPORT

La spesa costa circa 366 euro in più... ma il carrello lascia a desiderare

L’aumento del costo delle materie prime mette in difficoltà sia commercianti che consumatori

La spesa costa circa 366 euro in più... ma il carrello lascia a desiderare

Una famiglia con due figli spenderà circa 366 euro in più per fare la spesa rispetto al 2024: è quanto emerso dagli ultimi dati Assoutenti (e confermati dall’Istat).
«Se si considera la generalità dei consumatori, la stangata alimentare complessiva raggiunge in Italia i 6,5 miliardi di euro annui», spiega il presidente Gabriele Melluso.
Un’impennata senza freni dal 2019: un vero boom che quest’estate, ad agosto, ha raggiunto «un aumento mensile dello 0,4% e dell’1,4% rispetto a inizio d’anno e al 4% rispetto ad agosto 2024», come rivela una nota sull’andamento dell’economia italiana.

Il burro rincara del +15,1% su anno, la frutta fresca del +8,8% con punte del 14,8% per pesche e nettarine, la carne bovina del +6,8%, formaggi e latticini salgono del +6,6%, le uova segnano un +7%, i pomodori +13,6%, per non parlare di cioccolato (+12,6%), caffè (+22,6%) e cacao (+24,5%). Insomma, ogni anno si gonfiano sempre di più i prezzi dei beni primari.

Una situazione che preoccupa anche in Piemonte. Confartigianato lancia l’allarme: «Condizioni climatiche estreme, tensioni geopolitiche, norme ambientali più rigide: tutto questo alimenta un’instabilità di fondo che incide direttamente sulle dinamiche di mercato - spiega il presidente Giorgio Felici - Una situazione che complica le strategie aziendali».
Le imprese artigiane, infatti, si trovano davanti a un bivio: «alzare i prezzi o rinunciare ai margini?».
Un dubbio non indifferente, considerando che le stesse materie prime stanno costando molto agli stessi produttori in primis.
«La qualità Made in Italy - conclude Felici - rischia di diventare un lusso sempre meno sostenibile».

Il risultato? Quello che alcuni già chiamano «il paradosso del carrello». Perché di mese in mese si è costretti a spendere di più per riempire sempre di meno il proprio carrello, e poi frigorifero. Dando pure la parvenza a chi guarda solo i numeri che i consumi crescano e che magari il settore si stia riprendendo.
A tal riguardo l’andamento delle vendite al dettaglio è indicativo: a giugno, a livello nazionale, le vendite di beni alimentari sono cresciute del +2,8% in valore rispetto all’anno precedente, ma in volume sono calate dello -0,3%. Ciò vuol dire che si acquista di più, ma meno prodotti. In Piemonte questo stesso paradosso è stato fotografato dall’ultima indagine di Camera di Commercio sulla spesa delle famiglie torinesi. I dati, infatti, evidenziavano un +0,5% nei consumi, ma +0,7% di inflazione. La spesa in più, così, è «assorbita» dall’inflazione e la forbice delle diseguaglianze si allarga inesorabilmente.

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