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Scuola e vita

Un liceo che dura più di 50 anni e l’appuntamento fisso della 5ª B

Mezzo secolo di cene, ricordi e sogni: la V B del liceo Piero Gobetti di Torino si ritrova ogni anno per celebrare un'epoca

Un liceo che dura più di 50 anni e l’appuntamento fisso della 5ª B

La sezione B del liceo Gobetti (ex VI liceo Scientifico)

Per alcuni gli anni del liceo non sono 5, ma 50 e, con un po’ di fortuna, anche di più. Non si tratta di studenti ripetenti, di Lucignoli ante litteram, ma di qualcosa di molto diverso. È il caso della V B (ma solo per indicare l’ultima delle classi frequentate) del liceo Scientifico Piero Gobetti in via Maria Vittoria a Torino e, prima, VI liceo Scientifico in via Figlie dei Militari. Ex studenti che, dai tempi della Maturità (1976) in avanti, si sono incontrati quasi tutti gli anni (in verità ne hanno saltati pochissimi), per celebrare con un rito conviviale il periodo più verde della loro esistenza. Poche sono le classi che, con singolare pervicacia, hanno mostrato costanza nell’essere presenti, per più di mezzo secolo, alla cena di classe.

Per giunta, poi, accompagnati anche dai loro professori, da Mario Girodo di Fisica e Matematica a Elisa Morchio, oggi architetto di fama, ai tempi giovane e bella insegnate di disegno e Storia dell’Arte. Insomma ex giovani (ma non nello spirito), testimoni di ben più di un’epoca e che hanno visto Torino cambiare pelle. Anni duri e complicati quei primi dei Settanta, specie nella scuola, luogo di dibattito che a volte sconfinava anche nella violenza, in verità quasi mai all’interno degli istituti, ma nelle vie e nelle piazze della città. Una generazione che ha attraversato gli anni della contestazione giovanile, del terrorismo e quelli di piombo. Una generazione che poi ha vissuto quel riflusso nel privato e il periodo dello yuppismo, transitando dalla prima, alla seconda, alla terza Repubblica. Ex giovani (ma non nello spirito, giusto per ribadirlo) che hanno avuto il privilegio di vivere non solo a cavallo di due secoli, ma di due millenni, passando dall’era della meccanica a quella dell’analogico e del digitale. Insomma, una generazione che possiede e conserva un tesoro, un bagaglio di esperienza che non sempre viene considerato in giusta misura, e questo è un vero peccato.

I sopravvissuti (per fortuna la gran maggioranza della classe), più o meno sono sempre gli stessi: qualche capello bianco (in alcuni casi l’intera chioma), un po’ di calvizie e un leggero sovrappeso. Praticamente identiche, e non è smanceria, le ragazze (oggi gentili signore). Ciascuno ha la sua storia, tutti insieme ne raccontano una sola, ma da diversi punti di vista. Nel corso del loro “lunghissimo liceo” si sono incontrati nelle osterie di tutta Torino e, venerdì scorso, al ristorante e pizzeria Casale 93, a due passi dall’imponete edificio di mezza collina (oggi meno fatiscente di ieri), di via Figlie dei Militari. Abbracci, saluti, ricordi, aneddoti, pensieri lontani di amori giovanili e di desideri rimasti tali. Tutti i “torinesi” erano lì attorno al tavolo; c’era anche Arturo Pannoli che ogni anno arriva puntuale da Venezia e che per nulla al mondo perderebbe la tradizionale cena di classe. Parole, emozioni e ricordi, in modo particolare per chi oggi non c’è più.

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