Cerca

L'inchiesta

La mappa delle gang Maranza di Torino: le loro "armi letali" sono i social

Scomparsa delle baby gang storiche: i Maranza dilagano a Torino, reclutano giovani emarginati e si affermano grazie ai social mentre politica e città restano indifferenti

La mappa delle gang Maranza di Torino: le loro "armi letali" sono i social

Banda del Rosso, Barriera domina, Barriera Cosa Nostra, Cabinotti e altri nomi coloriti adottati nel tempo per caratterizzare le baby gang torinesi, non ci sono più. Alcune di queste, che una nostra inchiesta giornalistica (ripresa dal Corriere della Sera) che risale al 2008 aveva collocato in precise località della città e della provincia, sono state sostituite da quelli che vengono definiti i Maranza. Gruppi organizzati composti non solo da nordafricani di seconda e terza generazione, ma anche da italiani e da stranieri in genere, irretiti nei gruppi sull’onda del disagio, della povertà e dell’ingiustizia, con la promessa chimerica che una “guerra” rovescerà rapporti di forza e ricchezza. Apparentemente potrebbe sembrare il passo di un romanzo salgariano, ma concepito al contrario, mentre invece si tratta di una realtà nuda e cruda che chi abita in certi quartieri di Torino conosce bene. Se vive, invece, all’interno del Palazzo (uno qualunque), manco se ne è accorto e, quando accadrà, sarà troppo tardi. In questi anni non c’è stato neppure bisogno di una guerra tra gang (più o meno baby), perché i Maranza hanno soppiantato tutti gli altri utilizzando un’arma letale, quella dei social media. Sono riusciti a rendere virali le loro imprese più o meno legali, ottenendo consenso e complicità. E’ accaduto nei quartieri di Barriera di Milano, ma anche a Madonna di Campagna, Vanchiglia, in centro e pure a Borgo Po.

La “famiglia” è sempre la stessa, quella dei Maranza che, quartiere dopo quartiere affilia gli adepti sotto bandiere diverse: ci sono gli Ali Babà (ex Banda del Rosso) i Muhammad Alì (che hanno preso il posto dei Barriera Domina), gli Aladino (che hanno letteralmente cancellato Barriera Cosa Nostra), i Kiwi (al posto dei Truzzi in piazza Castello), i Maranza Kebab (che imperversano nel quartiere bene della Crocetta) e, infine, i Maranza della Muraglia che hanno annullato i Cabinotti e contano, tra le loro file, anche giovani cinesi. Poche e marginali le gang che sono sopravvissute dopo il 2008: i Gescaleros a Venaria (il loro quartier generale continua ad essere uno scantinato delle ex Case Gescal), i Calibronove a Mirafiori, i Banana a Santa Rita, i Fracassa a Nizza Millefonti e qualche piccolo gruppo (come le Ragazze Pazze) a Moncalieri, Orbassano e Settimo Torinese. Ma anche le gang che mantengono una certa autonomia, oggi sono composte, non solo da italiani, ma anche da stranieri. Ci si è accorti per la prima volta dell’esistenza e della pericolosità dei Maranza o di qualcosa di molto simile, dopo la tragedia di piazza San Carlo, nel 2017. Ai tempi era stato l’intuito di un giovane investigatore, Gian Maria Sertorio (oggi questore ad Aosta) a portare ad individuare la tristemente nota “Banda di Budino”, responsabile del panico scatenato in piazza che provocò la morte di tre persone e il ferimento di altre 1.672. Al di là dell’inchiesta giudiziaria su quel caso, forse ancora non si è riflettuto adeguatamente sul fenomeno delle gang. La polizia, ovviamente, fa quel che può, mentre la politica dorme, senza neppure rendersi conto dell’ampiezza e della pericolosità di quel che accade.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.