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Finanza & Territorio

Il Risiko di Banca di Asti, ora i piccoli azionisti alzano la voce: "No alla vendita ai Big"

La voce di 20.000 azionisti e investitori: sì all'autonomia, ma il valore delle azioni si è dimezzato in dieci anni

Banca di Asti, i piccoli azionisti alzano la voce: no alla vendita ai big, sì all’autonomia

Nel risiko bancario che agita il futuro di Banca di Asti, adesso a parlare sono i piccoli azionisti. Martedì sera il Direttivo di CARIASTI, l’associazione che rappresenta i soci privati dell’istituto, ha messo nero su bianco la propria posizione: nessun via libera a una cessione verso i grandi poli finanziari e preferenza per soluzioni che preservino l’autonomia dell’istituto e il suo radicamento territoriale.



Il contesto: la quota della Fondazione e le mire dei big 
Da mesi, indiscrezioni di stampa - di cui vi abbiamo notizia anche noi qui - ipotizzano lo smobilizzo di parte della partecipazione detenuta dalla Fondazione CR Asti, azionista di riferimento con il 31% del capitale. Secondo quanto emerso, l’advisor Equita ha raccolto manifestazioni di interesse da parte di BPM, UniCredit e Credem. Uno scenario che ha acceso il confronto, dentro e fuori la provincia, sul destino della banca e sul suo ruolo nel tessuto economico locale. E in particolare, adesso, fra i piccoli azionisti che, assieme ad altri piccoli investitori, sono circa 20.000.

La posizione di CariAsti
“Dire che un azionista può cedere le proprie azioni liberamente è tautologico, perché ognuno può gestire il proprio patrimonio come meglio crede: il tema sostanziale casomai è il come”, afferma il presidente di CARIASTI, Pierfranco Marrandino. Il Direttivo, riunito in serata, ha ribadito che “chiunque abbia parlato fino a oggi a nome dei piccoli azionisti della Banca di Asti, ha in realtà parlato solo rappresentando sé stesso”.

Nel merito, la linea è netta: “Qualunque vendita a grandi poli finanziari, seppur potrebbe garantire nel brevissimo termine un ritorno appetibile dell’investimento, non è nell’interesse dell’economia del territorio, delle imprese e delle famiglie, perché porterebbe allo smantellamento dell’istituto, come già accaduto in moltissimi casi simili nel passato, e depaupererebbe anche il tessuto sociale dove la banca ha i propri sportelli”.

Gli scenari alternativi: la pista tra fondazioni piemontesi
Diversa, per CARIASTI, sarebbe un’operazione che tuteli l’autonomia della banca. Tra le ipotesi ritenute compatibili con questo obiettivo, quella – richiamata anche da noi – di un alleggerimento della quota della Fondazione CR Asti a favore di altre fondazioni piemontesi. Un passaggio di mano “di prossimità” che, nelle intenzioni, consentirebbe di mantenere il baricentro decisionale nel territorio e di preservare il modello di banca locale.



Numeri e impatto sul territorio
“Banca di Asti è un istituto solido, ben amministrato, con una governance efficace”, insiste Marrandino. Negli ultimi tre anni, l’istituto ha erogato 1,5 miliardi di euro alle imprese piemontesi e altri 1,5 miliardi a privati e famiglie. Un flusso di credito che, secondo i piccoli azionisti, testimonia il ruolo di volano economico della banca. L’istituto è inoltre “la prima azienda privata della provincia per numero di occupati”: un dato che, per CARIASTI, impone particolare prudenza su qualsiasi ipotesi di integrazione in grandi gruppi. Da qui l’apprezzamento verso i rappresentanti politici locali che hanno preso posizione a tutela dell’integrità della banca.



Cosa aspettarsi adesso
Il dossier resta aperto. Tra manifestazioni di interesse dei grandi istituti e piste “di territorio”, il confronto ora si concentra sul perimetro entro cui la Fondazione CR Asti potrà rimodulare la propria presenza, bilanciando esigenze patrimoniali e salvaguardia del presidio locale. La richiesta dei piccoli azionisti è chiara: qualsiasi soluzione dovrà garantire continuità operativa, autonomia e attenzione al tessuto economico e sociale che la banca serve ogni giorno. Ma c'è la questione patrimoniale: lo sanno i piccoli azionisti e l'ha sottolineato anche il presidente della Fondazione CrAsti, Livio Negro, ossia che sulla piattaforma Vorvel il valore delle azioni è sceso in dieci anni da 15,8 a 8,6 euro.

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