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Il Risiko bancario
21 Novembre 2025 - 09:20
C’è un momento, nelle vicende della finanza territoriale, in cui le parole pesano quanto i numeri. È quello in cui una smentita ufficiale non serve solo a spegnere un titolo di giornale, ma a rimettere ordine in un dibattito che rischia di tracimare e a delineare, fra le righe, la reale strategia di una banca che, in questo periodo, è diventata una pedina insospettabile di un Risiko bancario di provincia. Nel quale, rispunta nei rumors che non si arrestano mai, anche il nome di Fabrizio Palenzona.
È ciò che è accaduto ad Asti, dove la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti ha ribadito che “non vi è stata alcuna messa in minoranza del presidente Livio Negro, né formale né sostanziale”, allontanando l’ombra di una frattura interna evocata da alcune ricostruzioni. Tra queste, un articolo de La Stampa dal titolo: “Banca d’Asti, retromarcia sulla vendita, i consiglieri della Fondazione frenano. Congelato il mandato a Equita per la valorizzazione di una partecipazione del 31,8% nel capitale”. Un titolo che suona come un freno a mano tirato. Ma cosa è davvero successo?
Il caso e la smentita
Secondo la nota della Fondazione, il Consiglio di Amministrazione si è riunito venerdì 14 novembre, con Equita presente alla seduta, in un passaggio chiave di governance: l’aggiornamento sull’incarico volto a “definire una valutazione indipendente del patrimonio della Fondazione e a esaminare possibili scenari di diversificazione degli investimenti”. Una linea coerente con le sollecitazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), richiamate “in più circostanze” e con quanto previsto dallo statuto.
La riunione è proseguita fino a martedì 18 novembre e si è chiusa con una decisione destinata a far discutere: “a seguito di approfondito dibattito” il CdA ha deliberato all’unanimità di “rinviare ad una successiva seduta la trattazione della pratica per ulteriori approfondimenti”. Rinvio non è sinonimo di retromarcia: lo sostiene con chiarezza la Fondazione, che respinge “alcuna bocciatura dell’operato del presidente, né in merito alla gestione dell’ente né rispetto al tema della diversificazione del portafoglio”. Insomma, nessun voto contrario, nessuna spaccatura. Solo un supplemento di istruttoria, come spesso accade quando sul tavolo si maneggiano dossier destinati a incidere sul futuro del territorio. La "vendita" della banca, però, al momento si ferma.
Il riferimento alla “valorizzazione” è inevitabile quando si parla di partecipazioni significative, in questo caso il 31,8% nel capitale. Perché, come vi avevamo riferito con precisione qui, la Fondazione CrAsti ha oltre l’80% del patrimonio e il 75% delle risorse concentrate sulla banca e deve scendere sotto i limiti fissati dal protocollo Acri–Mef (e relativo Addendum): 44% per gli enti maggiori, 39% per i minori.
Da qui, la narrativa alternativa: c’è chi legge nel rinvio un congelamento, chi vi vede l’ordinaria cautela di chi governa un patrimonio complesso. Su cui si stanno concentrando rumors e offerte reali di grandi player.
La sfida a tre: Unicredit, BPM e Credem. E Palenzona?
Su Banca di Asti è concentrata l'attenzione di tre player: Credem, BPM e Unicredit. In particolare per questi ultimi due l'affare potrebbe essere agevole: BPM detiene il 9,9% di CrAsti mentre per Unicredit c'è la presenza nell'azionariato della Fondazione CRT di Torino, con il 6,6% che, ai tempi, l'ex presidente Fabrizio Palenzona avrebbe voluto anche incrementare.
E attenzione proprio all'ex "Camionista di Tortona", in questo momento presidente di Prelios - che fa parte del gruppo Ion del miliardario Andrea Pignataro -, già presidente di Fondazione CRT e vicepresidente Unicredit. Prelios è infatti al momento fra i principali player nella gestione di crediti deteriorati, con 40 miliardi di euro di asset. Fra cui una cifra fra gli 800 milioni e il miliardo dell'istituto di piazza Gae Aulenti. E naturalmente in passato ha anche operato proprio per Cr Asti.
Il patto fra fondazioni o il nuovo polo
Potrebbe essere lui il "mediatore" per quella "soluzione sul territorio" che cercano azionisti e investitori di piazza Libertà? Dall'ipotesi di un patto fra le altre fondazioni nell'azionariato che potrebbero rilevare le quote in eccesso dell'ente guidato da Livio Negro, al polo bancario locale, vecchio progetto che ogni tanto riemerge e che, pochi mesi fa, aveva visto muoversi anime della Lega anche coinvolgendo Intesa Sanpaolo (ma con il ceo Carlo Messina che aveva stoppato sul nascere ogni possibile iniziativa). E tanto basterebbe a scatenare di nuovo la politica locale (sindaco di Asti in testa), dal momento che piazza Libertà è area Forza Italia.
Il punto, allora, non è se ci sia stata o meno una frenata, ma perché si sia scelto di premere il pedale della cautela. In finanza, come alla guida, a volte rallentare permette di impostare meglio la curva. E qui la curva è quella che porta al bilanciamento tra patrimonio, governance e responsabilità verso la comunità di riferimento: Asti e il suo tessuto economico e sociale.
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