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Alta tensione a Torino
21 Dicembre 2025 - 07:03
Bidoni della spazzatura divelti e dati alle fiamme. Razzi lanciati agli agenti. Poi insieme fino alla Gran Madre per il “gran finale”, quello in cui sopra la storica chiesa che affaccia su Piazza Vittorio appare una scritta, l’ultimo pezzo è un sobrio: «Sindaco Lo Russo. Servo infame».
È la fine, apparentemente, della giornata di corteo organizzato dai pro-Aska ieri pomeriggio dopo quello che è successo la mattina di giovedì 18 dicembre. Lo sgombero dello stabile di corso Regina Margherita 47. L’annuncio della dismissione del Patto di collaborazione coi garanti del centro sociale dalla storia più controversa di Torino e, forse, d’Italia.
Il tutto all’indomani di un messaggio, a suo modo, coraggioso, da parte del primo cittadino torinese. «Non accettiamo le strumentalizzazioni politiche e dissentiamo dalla scelta del Governo. Ma mai giustificabile la violenza». Che nonostante le prime cariche di Stato gli remino chiaramente contro rivendica il percorso iniziato e conserva un’apertura. La vocazione dello stabile sarà pubblica. «L’amministrazione che rappresento non intende modificare le proprie priorità, né cambiare approccio», aveva spiegato il sindaco.
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Oggi, così, Lo Russo è tra l’incudine e il martello. Accusato da (quasi) tutti i fronti: dai garanti che gli recriminano «Il Patto non andava chiuso», ai leader di Aska che lo accusano di stare «cedendo di fronte a volontà fasciste del governo». Fino ai più prevedibili oppositori politici, che hanno vita facile nel dirgli - a valle degli scontri di ieri - che Aska è sempre stata violenta e sempre lo sarà.
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