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Tabù e scaramanzie

Parlare di morte davanti a un caffè

Anche a Torino arrivano i "Deathcafè" con l'Ordine degli psicologi. Ma niente è più apotropaico di un brindisi a chi non c'è più

Parlare di morte davanti a un caffè

Nei paesi - ma nella realtà anche nei pranzi con i parenti - c’è ancora quella situazione per cui, quando ci si trova al bancone del bar a gustarsi un caffè, ti salta fuori qualcuno che dice «oh, ma lo sai chi è morto? Eh magari lo conoscevi». Segue discussione su virtù e difetti del de cuius, spesso allungata a suon di luoghi comuni per darci il tempo di capire di chi diavolo si stia parlando. Ma chissà se questa socialità da piccola comunità è l’ispirazione del “death caffé”, un format di incontri nato una decina di anni fa in Europa e poi diffusosi in tutto il mondo e che, adesso, arriva anche a Torino.

Si tratta di incontri con un numero limitato di persone, mai più di una ventina, organizzati dall'Ordine degli psicologi del Piemonte, con l'intento di contribuire al benessere psicologico delle persone. Quattro gli appuntamenti mensili in programma, rivolti principalmente a chi dall'argomento è coinvolto professionalmente, come psicologi, operatori sanitari o volontari in campo assistenziale, nonché a coloro che svolgono funzioni educative e formative, dove di fronte a un caffè o una fetta di torta o una tazza di tè si discute del tabù della morte, delle questioni della vita, ma non di sola filosofia si tratta, perché tra gli scopi dell’iniziativa c’è anche quello di aiutare le persone a superare il dolore di una perdita. Non proprio delle sedute psicologiche, insomma, ma di certo momenti di confronto in ambienti “protetti”.

Una iniziativa sperimentale che per il momento formerà coloro che con morte e sofferenza devono lavorare tutti i giorni, ma che successivamente potrebbe essere estesa a tutti i cittadini. Intanto, al bancone del bar, niente è più apotropaico di un brindisi al caro estinto, noto o meno.

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