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Il reportage
20 Aprile 2023 - 08:50
L’ultimo bus da 31 migranti è arrivato l’altro ieri. E d’ora in poi arriverà un flusso simile ogni settimana: dove andranno tutti i nuovi profughi? Non a Settimo, dove l’ultima ondata di arrivi dal sud Italia ha saturato la capienza del grande centro gestito dalla Croce rossa italiana: «Siamo al completo con 211 ospiti totali» calcola Serena Corniglia, che per la Cri si occupa dell’accoglienza a livello nazionale.
La caccia per trovare posti
A gennaio la Prefettura aveva già lanciato due bandi per 190 e 145 posti, per un totale di 335. D’altronde il prefetto Raffaele Ruberto, tre settimane fa, lo aveva annunciato: «Stiamo cercando spazi, per noi è un impegno che dire notevole è un eufemismo».
Stiamo cercando spazi, per noi è un impegno che dire notevole è un eufemismo
Infatti, a marzo, i suoi uffici hanno lanciato tre manifestazioni d’interesse per trovare associazioni e cooperative disponibili a farsi carico di circa 480 migranti in appartamenti e strutture (sia sopra che sotto i 50 posti): è scaduto venerdì ed è arrivata una sola candidatura.
I migranti provenienti dal sud Italia sono tutti destinati in queste nuove strutture, visto che nel centro di Settimo non c’è più spazio: «Ma non siamo ancora ai numeri del 2017, quando ci sono stati 6mila passaggi e 20mila persone in tre anni - ricorda Corniglia - All’inizio c’erano le tende, poi sono arrivati i moduli abitativi dell’Ikea foundation. Adesso ci sono queste nuove “casette”».
Da Pakistan e Mali a Settimo
Nel centro “Teobaldo Fenoglio” sono attivi tre progetti: «Abbiamo 60 persone con il Sai, il Sistema accoglienza immigrazione che ha sostituito Sprar e Siproimi: arrivano soprattutto da Mali e Pakistan e uno su quattro ha la protezione speciale». Cioè il particolare permesso di soggiorno che il Parlamento potrebbe cancellare: «Abbiamo poi un Centro di accoglienza speciale, attivato il 2 gennaio in accordo con la Prefettura: ci sono 123 persone, tutti richiedenti asilo sbarcati nella zona di Crotone tra fine dicembre e inizio gennaio. Sono 98 uomini, 12 donne e 13 minori».
Le nazionalità più rappresentate sono Pakistan e Bangladesh (20% l’una), Burkina Faso (8%), Tunisia ed Egitto (12%). Infine ci sono 19 ucraini (con 5 minori e 10 donne) e 9 senzatetto, mandati dal Comune di Settimo.
«Abbiamo anche la mensa sociale, che si aggiunge a quella per i nostri ospiti: abbiamo menù dedicati e, in questo periodo, anche due turni per la cena in modo che gli ospiti possano rispettare il Ramadan - prosegue Corniglia, che lavora al Fenoglio insieme a una 50ina di colleghi - Li aiutiamo a imparare l’italiano, prendere la licenza media e la patente, trovare lavoro nei cantieri stradali e navali: c’è molta richiesta, l’80% esce di qui con un’occupazione». La Cri dà loro una mano anche nella ricerca di una casa quando finisce il percorso a Settimo, dopo sei mesi: «Lì è più complicato: il fatto di essere stranieri non aiuta a trovare un appartamento, sfruttiamo gli housing sociali ma i posti sono pochi».
Mattia, Francesca, Federico, Virginia, Seifeldin e Serena: una parte dei circa 50 dipendenti della Croce rossa italiana che lavorano a Settimo
«Hanno bruciato il mio villaggio»
In attesa di una sistemazione definitiva, migranti da Africa e Asia convivono. Anche grazie a Seifeldin, egiziano venuto in Italia per studiare Agraria e poi finito a fare il mediatore culturale: «Sono venuto via mare per cercare una vita migliore» raccontano il tunisino Yacine e l’egiziano Wahel in arabo, con Seifeldin come traduttore. Hanno entrambi mogli e figli nel loro Paese: volete farli venire in Piemonte e rimanere qui? Loro rispondono «Inshallah», che in italiano si traduce in “Se Dio vuole”.
Ha lo stesso sogno Ysaka, 32enne del Burkina Faso, arrivato il 15 febbraio a Lampedusa: «Voglio solo lavorare e portare qui la famiglia: in Burkina è difficile, ci siamo già spostati di villaggio perché i terroristi ci hanno bruciato le case. Adesso è anche difficile comunicare con loro».
Voglio solo lavorare e portare qui la famiglia: in Burkina è difficile, ci siamo già spostati di villaggio perché i terroristi ci hanno bruciato le case. Adesso è anche difficile comunicare con loro
Per questo è attivo anche il progetto “Restoring family links”: chiunque stia cercando un parente disperso, pubblica la propria foto su manifesti e siti internet nella speranza di un ricongiungimento.
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