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IN VIA TRAVES

Da Lampedusa a Torino dopo lo schianto del bus, arrivano 60 migranti: «Così il centro esplode»

Incidente nella notte per uno degli autobus diretti in Piemonte dalla Sicilia. Morti gli autisti, passeggeri soccorsi in ospedale. E il centro di accoglienza alle Vallette il 30 settembre dovrà chiudere i battenti senza un piano della Prefettura

Facce scure, occhi umidi e sorrisi accennati a stento hanno accolto, venerdì mattina, i primi sessanta migranti assegnati al centro d’accoglienza di via Traves dopo l’apocalisse che ha vissuto, negli scorsi giorni, Lampedusa. Gli operatori della Croce Rossa, infatti, avevano appena ricevuto la notizia che uno degli autobus in viaggio nella notte dall’Agrigentino si era schiantato a Fiano Romano. Appena poche ore prima di scaricare l’unico che è arrivato a Torino con le insegne della Prefettura di Agrigento. Nell’incidente, avvenuto tra Guidonia e Roma contro un autoarticolato, hanno perso la vita due autisti che avevano accompagnato nel Torinese e in Piemonte centinaia di uomini, donne e bambini in fuga da Siria, Pakistan e Afghanistan, Tunisia e Libia, oltre che da praticamente tutta l’Africa a sud del Sahara, mentre metà dei passeggeri è rimasta ferita nello scontro. «Siamo sconvolti, conoscevamo bene quei ragazzi» conferma Manlio Nochi della Croce Rossa. Alberto Vella e Daniel Giudice, 34 e 32 anni, erano dipendenti della Patti Tour di Favara che si occupa da anni del trasferimento dei migranti che approdano sulle coste agrigentine e vengono accompagnati nel resto della Penisola.


«Si chiude a fine mese»
Ma se il dolore della perdita si può accantonare per qualche ora, nella corsa ala registrazione dei nuovi ospiti, rimane latente la preoccupazione per l’imminente chiusura del centro di prima accoglienza. A partire da novembre, infatti, nei “moduli abitativi” all’ombra dello Stadium il Comune ha previsto di ospitare clochard e senzatetto in vista dell’emergenza freddo. «La Prefettura ha in gestione la struttura di via Traves fino al 30 settembre» si limita a spiegare l’assessore Jacopo Rosatelli, senza entrare nel merito di una decisione che in piazza Castello non è ancora stata presa in assenza della nomina del nuovo Prefetto da parte del Viminale. «Noi, al momento, non siamo stati informati di alcuna decisione e sappiamo solo che dal primo ottobre, per come stanno le cose oggi, andremo forse da un’altra parte. Dove non lo sappiamo» sottolineano dalla Croce Rossa senza nascondere il timore più grande. «Quello per questi giovani uomini a cui non possiamo certo dire, adesso, che fra due settimane dovremo chiudere. Faremo soltanto salire un’ansia inutile».

In coda per il numero
Nel frattempo la lunga fila dei migranti appena arrivati - solo qualcuno con la mascherina chirurgica sul volto, forse, in attesa di un tampone per il Covid - comincia a disporsi ordinata davanti ai cancelli del complesso in cui saranno ospitati, almeno, per una quindicina scarsa di giorni. A tutti viene assegnato un numero che corrisponde al nome segnalato alle autorità dopo lo sbarco a Lampedusa. «Con quello - spiegano gli operatori - potremo fare l’appello all’ora di colazione, pranzo o cena e, così, verificare anche le effettive presenze». Funziona così dallo scorso 11 luglio. Quando il centro ha aperto per ospitare nel quartiere Vallette i primi rifugiati inviati a Torino, seppur, con il destino già segnato a fine settembre. «Ma non potevamo certo immaginare che ne sarebbero arrivati così tanti per tutta l’estate. Siamo parecchio oltre la capienza massima del centro».

Nessun piano dopo il 30 settembre
Un piano, ad oggi, non c’è. «Ci stanno lavorando» si limitano a rispondere dall’Ufficio di Gabinetto della Prefettura su quello che sarà il destino del centro di prima accoglienza e dei migranti attualmente ospitati in via Traves. Ad attenderlo ci sono sia il Comune che la Regione mentre la Croce Rossa, nella stessa situazione ma con la responsabilità dei rifugiati sulle spalle, fa già il conto alla rovescia. Mentre di giorno in giorno diminuisce il tempo di permanenza cresce il numero di rifugiati da sistemare anche in tenda. «Per ora, solo chi lo chiede esplicitamente, mentre in alcuni “moduli abitativi” si riescono a sistemare anche in parecchi, ma siamo già oltre la capienza prevista» puntualizzano gli operatori con cifre alla mano. Erano 150 in totale le presenze previste, lo scorso luglio, almeno all’apertura del centro che, nell’arco di una settimana, ha visto passare gli ospiti da 30 a 50. «E poi 100, 150 e ora sono in totale 230». Ieri sono arrivate altre 60 persone. Una parte di quelle partite da Porto Empedocle e approdate nelle ultime settimane a Lampedusa. «Non abbiamo alcuna previsione di ciò che potrà capitare nelle prossime e quanti altri arrivi saranno programmati: non sappiamo ancora nulla».

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