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UN GRANDE RITORNO
18 Settembre 2024 - 11:00
Scoprire Emmanuel Carrère prima che diventasse Carrère è, più che una conferma, una piacevole sorpresa. Dopo la fredda accoglienza da parte anche dei lettori più affezionati della cronaca giudiziaria di “V-13” in cui lo scrittore ha seguito il processo per gli attentati jihadisti del 13 novembre 2015 a Parigi sintetizzando, non sempre con la stessa efficacia, gli articoli pubblicati da Le Nouvel Observateur, anche i meno appassionati non dovrebbero mancare l’appuntamento con “Ucronia” (Adelphi, 14 euro) per ritrovare l’autore de “I baffi” in nuce. Se non al massimo della propria capacità di analisi in quello che è considerato il suo esordio letterario, benché in forma di saggio.
Pubblicato per la prima volta in Francia nel 1986 con il titolo “Le Détroit de Behring – Introduction à l’uchronie” il libro che abbiamo tra le mani altro non è che la tesi di laurea in cui il giovane Emmanuel esplora il concetto di “ucronia,” ossia la creazione di scenari alternativi alla storia reale. L’ipotetico “Cosa sarebbe successo se...” diventa così una ricerca appassionata su un genere, molto frequantato in passato e, di fatto, antesignano di quella che sarà, poi, la vera passione di Carrère: la fantascienza di Philip K. Dick e, in particolare, il romanzo “La svastica sul sole” per riflettere su come la storia avrebbe potuto prendere direzioni diverse se alcuni eventi fossero andati diversamente. Se Napoleone avesse vinto Waterloo? Come immaginato da Louis-Napoléon Geoffroy-Chateu. E se Ponzio Pilato avesse risparmiato Gesù? Meglio ancora. E se la Seconda Guerra Mondiale l’avessero vinta la Germania e il Giappone? Carrère rielabora queste ipotesi con uno stile provocatorio, mostrando come l’ucronia non sia solo un esercizio di fantasia, ma uno strumento per comprendere la precarietà del presente e la possibilità di infinite versioni alternative del passato.
L’opera si interroga, dunque, sul destino, sulla casualità e sulla nostra percezione della realtà storica, prendendo spunto anche da autori, appunto, come Philip K. Dick arrivando anche a mettere in discussione la fiducia nei documenti storici e solleva dubbi su come la storia venga raccontata e ricordata. E dopo un “esercizio accademico” di questa portata l’esordio narrativo non poteva che essere in linea con uno dei capolavori giovanili dell’autore francese, anche questo recentemente ripubblicato da Adelphi, “I baffi”, dove la storia segue un uomo che decide di rasarsi i grossi mustacchi, aspettandosi una reazione evidente dai suoi amici e dalla sua compagna, ma si trova di fronte a un’indifferenza sconcertante: nessuno sembra ricordare che li abbia mai avuti. Centrale è proprio quello dell’ucronia che permette al talento ancora genuino di Carrère di costruire un’atmosfera di crescente disorientamento, che mescola elementi di realismo e surrealismo.
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