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SOCIAL & LEGGE
12 Marzo 2025 - 17:40
La Corte di Cassazione italiana ha recentemente emesso una sentenza che potrebbe rivoluzionare l'uso delle prove digitali nei procedimenti civili. Con la sentenza n. 1254 del 18 gennaio 2025, la Corte ha stabilito che le conversazioni su WhatsApp, così come gli SMS conservati nella memoria di un telefono cellulare, possono essere utilizzati come prove documentali, salvo contestazione di autenticità. Questa decisione apre la strada a un nuovo modo di considerare le comunicazioni digitali, non solo nei tribunali, ma anche nelle verifiche fiscali condotte da enti come l'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza.
La sentenza trae origine da una controversia tra un privato cittadino e una ditta di serramenti. Il cliente aveva pagato solo un terzo della cifra pattuita, mentre l'azienda richiedeva il saldo totale. Inizialmente, il Tribunale di Pavia aveva accolto la posizione del cliente, ma la Corte d'Appello di Milano ha ribaltato la decisione, accettando come prova uno screenshot di una chat WhatsApp che confermava l'importo dovuto. Il cliente ha fatto ricorso in Cassazione, contestando l'utilizzabilità del messaggio come prova, ma la Corte ha rigettato il ricorso, confermando la validità degli screenshot come prove documentali.
Nonostante i vantaggi, la sentenza ha suscitato alcune perplessità. Il rischio di abusi o errori è concreto: uno screenshot potrebbe essere estrapolato dal contesto, interpretato in modo distorto o addirittura falsificato. Inoltre, la privacy degli utenti potrebbe risultare compromessa, considerando che WhatsApp è percepito come uno strumento sicuro grazie alla crittografia end-to-end. La necessità di bilanciare il diritto alla riservatezza con l'interesse pubblico alla lotta all'evasione fiscale sarà un tema centrale nei futuri dibattiti giuridici.
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