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la manifestazione
30 Giugno 2025 - 17:00
Una marea colorata, gioiosa e pacifica ha invaso ieri le strade di Budapest, sfidando apertamente il divieto imposto dal governo di Viktor Orbán. Quasi 200mila persone, tra giovani e meno giovani, coppie eterosessuali e arcobaleno, parlamentari e cittadini comuni, hanno sfilato con un unico, potente messaggio: libertà, democrazia, tolleranza e rispetto per i diritti di tutte le minoranze. Numeri così imponenti non si vedevano dal 1989, anno in cui l’Ungheria celebrava la caduta del Muro di Berlino. Canti, balli, musica a tutto volume dai camion, e un’onda di bandiere che spaziava da quelle arcobaleno della comunità Lgbti+ ai vessilli delle varie nazioni europee.
Il premier ungherese non ha perso occasione per attaccare la manifestazione, definendola “ripugnante e vergognosa” e accusando Bruxelles e l’opposizione di averla orchestrata. Sui social, Orbán ha descritto il Pride con toni sprezzanti, parlando di “drag queen sul palco, uomini con tacchi e volantini sulla terapia ormonale” e sostenendo che “questo non è orgoglio, è vergogna”. Per il leader sovranista, ciò rappresenterebbe ciò che accadrebbe senza il suo governo, colpevole a suo dire di salvaguardare la sovranità nazionale contro “immigrazione, crisi e guerra in Ucraina”.
“Stimiamo tra 180mila e 200mila i partecipanti, un’affluenza mai vista prima,” ha dichiarato Viktoria Radvany, presidente del Pride, sottolineando l’importanza storica della manifestazione. Anche Máté Hegedüs, uno degli organizzatori, ha definito l’evento una tappa cruciale per la comunità Lgbt+ in Ungheria.
Tra i momenti più simbolici, l’ingresso nel corteo di una foltissima delegazione di eurodeputati e politici europei, trattenuti poco prima per ragioni di sicurezza, che hanno marciato compatti dietro il sindaco Karácsony, accolti da un’ovazione.
La manifestazione ha visto una nutrita presenza del centrosinistra italiano, con la leader Pd Elly Schlein che ha intonato “Bella ciao” insieme ai manifestanti. Schlein ha ribadito: “Non puoi vietare l’amore per legge. Vietare il Pride è una violazione dei diritti costituzionali europei.”
L’evento è stato più di una semplice marcia: è un segnale politico di forte peso in vista delle elezioni del prossimo anno, quando Orbán, soprannominato dai suoi critici “Viktator”, potrebbe incontrare difficoltà nel mantenere il potere. Il principale sfidante Peter Magyar ha avvertito: “Se qualcuno si farà male oggi, la responsabilità sarà solo di Orbán”. Mentre la polizia lamentava la “scarsa collaborazione” e il caos nel traffico, la realtà delle strade era quella di una festa democratica e pacifica.
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