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Operazione "Bird man"

Droga, prostituzione, rapine e torture: arrestati 16 boss della mafia nigeriana

Appartengono al famigerato gruppo degli Eiye che a Torino controlla lo spaccio in piazza Baldissera e in Lungo Dora

Duro colpo della polizia alla mafia nigeriana. Al termine di una lunga inchiesta sono finiti in manette undici esponenti del gruppo criminale Eiye. Per eseguire le misure cautelari, complessivamente 16, ieri sono stati impiegati più di 100 agenti e l’attività ha interessato, oltre che Torino, anche le province di Cuneo, Varese, Bergamo e Livorno. Secondo le accuse, gli arrestati rappresentano il vertice nazionale della “cupola” mafiosa, incaricato delle nuove affiliazioni e della gestione dello spaccio nelle varie piazze e strade cittadine.
A Torino due gruppi di nigeriani gestivano i pusher nelle zone di piazza Baldissera, Lungo Dora e San Donato. Le indagini hanno consentito di dimostrare l’incidenza sul territorio torinese del «cult» degli Eiye, grazie a intercettazioni e testimonianze di ex appartenenti alla comunità nigeriana. Il Tribunale ha contestato a 16 membri del clan i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, rapina, estorsione, lesioni, spaccio di stupefacenti. Gli inquirenti sono certi che l’organizzazione presenti tutti i caratteri di un’associazione di tipo mafioso: «È connotata, anzitutto, da una precisa struttura gerarchica con ruoli e cariche ufficiali, a cui corrispondono compiti ben precisi - spiegano in questura -. Le affiliazioni risultano caratterizzate da atti violenti e rigidi rituali, che si traducono in un serio e concreto pericolo per la stessa vita degli aspiranti affiliati, che vengono sottoposti ad azioni brutali, all’esito delle quali manifestano l’accettazione completa del codice comportamentale dell’associazione e la loro fedeltà indiscussa».
Da ciò che emerge dalle carte, il luogo consueto di ritrovo per le nuove affiliazione era la nuova Spina, dal lato verso via Livorno dove ancora esiste un’area abbandonata e degradata. Per diventare Eiye era necessario sottoporsi a una vera tortura, l’aspirante affiliato veniva «ferito sulle braccia e sul petto con un coltello, marchiato con un ferro arroventato e riempito di acidi fino a perdere conoscenza, rischiando anche di morire». È anche possibile, spiegano fonti investigative, che qualcuno possa anche non avercela fatta (o sia stato punito con la morte) e i corpi sarebbero stati fatti sparire. Un’ipotesi, questa, sulla quale ancora sono in corso indagini e accertamenti. Quel che è certo che da parte dei vertici mafiosi sarebbero state messe in atto «azioni violente che mostrano nessuna considerazione o rispetto per la vita umana». I nuovi affiliati venivano considerati veri schiavi, costretti a spacciare, rubare, rapinare anche perché sotto continuo ricatto: «Se non lo fai, succederà qualcosa di brutto alla tua famiglia in Negeria, sarà sterminata».
Ciononostante, la manovalanza non mancava e per 10, 20 spacciatori arrestati, questi venivano sostituiti con altri, anche in numero doppio. La struttura mfiosa risulterebbe dotata di un’organizzazione verticistica che vede al proprio apice un “World Ibaka”, detentore del potere esecutivo, il quale godrebbe, sempre secondo l’ipotesi dell’accusa, di prestigio internazionale e sarebbe in contatto con l’organismo madre in Nigeria. L’organizzazione risulterebbe suddivisa in sezioni provinciali o locali chiamate “Zone”, ma loro volta guidate da un “Zona Head”. E a Torino le zone erano due: una ad Est e l’altra ad Ovest di piazza Baldissera. Nella rete della polizia sarebbe finito anche il presunto “World Ibaka” (preso a Livorno) e i due “Zona Head” che gestivano la piazza di Torino. Gli investigatori hanno anche accertato che il simbolo distintivo di appartenenza alla consorteria criminale è rappresentato da un uccello che stringe tra gli artigli un teschio umano, da qui il nome in codice dell’operazione: “Bird man”. Infine, i membri di primo piano dell’organizzazione mafiosa erano soliti indossare una sorta di divisa, un elegante abito doppio petto di colore blu.

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