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Il reportage

Parlano gli agricoltori in rivolta: «Vi spieghiamo perché protestiamo» - IL VIDEO

Le nostre interviste a contadini e allevatori dal presidio lungo la tangenziale

Trattori a passo d’uomo sui corsi di Torino, una settimana di presidio lungo la tangenziale e traffico in tilt tra città e provincia: erano le 10 di ieri mattina quando la protesta degli agricoltori ha invaso anche Torino, con trecento contadini e allevatori che si sono dati appuntamento in un campo a Rivoli, poco lontano dall’interporto Sito e dal Caat, i mercati generali di Grugliasco.
Dopo le manifestazioni in giro per l’Italia e gli scontri a Bruxelles, gli agricoltori piemontesi si sono organizzati con clacson, bandiere tricolori, cartelli e striscioni. E hanno dato il via al presidio che durerà fino a venerdì, con una presenza costante anche di sera: “Se muore l’agricoltura, muore un Paese e muore il nostro futuro” recita uno degli striscione rivolti verso le auto di passaggio sulla tangenziale. Accanto si legge: “Siamo agricoltori, non avvocati: meno burocrazia”.

I motivi del presidio

Gli organizzatori si firmano genericamente Agricoltori italiani e, in una nota, puntano il dito contro «l’assenteismo sindacale». Poi evitano di entrare in dettagli burocratici ed economici, andando direttamente al sodo. Com’è naturale perché chi è abituato più a lavorare e meno a parlare: «Il mercato agroalimentare italiano si scontra con la concorrenza sleale dei prodotti esteri, dove i costi sono più bassi a causa di controlli meno rigidi, burocrazia più snella o leggi permissive. Bisogna rafforzare le frontiere».


Poi c’è l’appello all’Unione Europea, che regola l’agricoltura attraverso la Pac (Politica agraria comune): «Dovrebbe sostenerci, invece i premi vengono erogati in ritardo. A differenza di affitti, tasse e spese, che non possono essere posticipati. E vogliono imporci di lasciare incolto il 4% dei terreni: così si danneggia il Made in Italy, che noi vogliamo difendere».
Da qui la decisione di protestare: «Ci fermiamo e aspettiamo che qualcuno si renda conto quanto la nostra fatica e la nostra passione siano indispensabili - fa da portavoce Davide Chiambretto, uno degli organizzatori - Questo presidio serve per far sentire la nostra voce e informare i consumatori: stiamo facendo la storia perché è la prima volta che ci mettiamo la faccia tutti insieme». Secondo i promotori della manifestazione, in pochi si rendono conto quanti problemi abbia chi lavora la terra: «L’elenco è lunghissimo ma l’importante è che la gente capisca come ormai i nostri guadagni non coprano neanche più le spese. Anche perché sempre più prodotti arrivano dall’estero e nessuno se ne sta rendendo conto: noi siamo qui anche per chiedere che si torni a comprare e mangiare italiano».

«Così chiudiamo tutti»

Fra allevatori e contadini, al presidio, si ride e si scherza. Anche per la presenza delle famiglie e di tanti bambini. Ma, in mezzo alle battute in piemontese e a un’organizzazione precisa per sistemare tutti i trattori in arrivo, emerge anche la rabbia: «Non siamo qui per danneggiare qualcuno ma per far capire il grande disagio che stiamo provando - esordisce Franco Clerico, allevatore e produttore di Cuneo - Abbiamo bisogno del sostegno della politica e dei consumatori italiani, devono comprare i nostri prodotti e aiutarci a superare la crisi delle nostre aziende. Abbiamo un indotto enorme, i nostri problemi riguardano tutti». Aggiunge Giovanni Arpino, che gestisce un allevamento di conigli con il figlio: «Dobbiamo rispettare una marea di leggi e non è logico: così finiremo per chiudere tutti. Poi ci accusano di inquinare: è vero ma le auto, le fabbriche e gli aerei fanno di peggio».


Giorgia Moretti e Alberto Morelli sono moglie e marito: «Io produco miele e protesto perché il 70% del miele sulle nostre tavole è importata, spesso da fuori dell’Unione Europea - esordisce lei - Quindi la loro provenienza è dubbia». Suo marito è la terza generazione di un’azienda agricola: «Siamo qua per difendere il Made in Italy e chiedere più sostegno all’Europa: vogliamo avere un futuro». Adesso non lo avete? «No, perché ci fanno sempre e solo proroghe di anno in anno: vogliamo un futuro sicuro per le nostre aziende e le nostre famiglie».

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