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La crisi dell'automotive

Denso di Poirino, gli esuberi ora sono 180 (e non è finita): ecco cosa significa per il territorio

Ordini in calo da Stellantis, sindacati in pressing, ieri l'incontro all'Unione Industriali

Denso di Poirino, la trincea dell’automotive: esuberi in aumento e negoziato in salita

Alla Denso di Poirino i venti della crisi automotive soffiano più forti, gli ordini si assottigliano, le linee rallentano. E al tavolo dell’Unione Industriale di Torino, dove azienda e sindacati si sono incontrati, nella giornata di ieri, si cerca di mettere in fila numeri e soluzioni prima che la tempesta faccia danni irreparabili. Il quadro che emerge è tutt’altro che rassicurante: gli esuberi crescono, la pressione sociale aumenta, le certezze diminuiscono. Ma davvero non ci sono alternative? 

LO SCENARIO: CROLLO ORDINI E UNA FILIERA SOTTO STRESS
L’ultimo incontro tra Denso e le sigle Fim, Fiom, Uilm e Fismic conferma il cuore del problema: il crollo degli ordini da parte di Stellantis e di altri grandi costruttori europei. In una filiera in cui i tempi sono scanditi dagli andamenti del committente principale, quando la domanda si contrae, l’onda d’urto si abbatte sui fornitori con rapidità. Poirino non fa eccezione. La “crisi del settore automotive” qui non è un concetto astratto, ma una somma di turni accorciati, saturazione in calo e reparti che lavorano a intermittenza. È il segnale di un ciclo che sta cambiando pelle, sull'onda lunga di quel Green Deal che adesso tutti i produttori chiedono di rivedere, e che, come spesso accade, chiede ai siti produttivi di “tenere il fiato” più a lungo del previsto.

I NUMERI CHE PESANO: DA 150 A CIRCA 180 ESUBERI
Il nodo degli esuberi è il termometro più crudo. Dai 150 inizialmente stimati si è passati a circa 180, su un totale di un migliaio. È un incremento che non si spiega con l’aritmetica ma con l’economia: se gli ordini arretrano oltre le attese, la capacità produttiva diventa ridondante. Non solo: circa 70 posizioni restano da gestire, il che significa che il processo di ridimensionamento è ancora in corso e tutt’altro che indolore. Le uscite avvenute finora – tutte volontarie e incentivate – hanno certamente attenuato l’impatto immediato, ma non hanno sciolto il nodo. La tensione resta, perché ogni numero corrisponde a una professionalità che esce, a un reparto che si assottiglia, a una competenza che rischia di disperdersi.



IL TAVOLO DI TORINO: RUOLI E RESPONSABILITÀ
L’incontro presso l’Unione Industriale di Torino è il luogo istituzionale dove azienda e sindacati provano a evitare che l’emergenza diventi crisi strutturale. Fim, Fiom, Uilm e Fismic spingono per una gestione non traumatica, per percorsi trasparenti e per il massimo utilizzo di strumenti non coercitivi. L’azienda, dal canto suo, mette sul tavolo una fotografia industriale peggiorata rispetto alla prima stesura e cerca di adeguare gli organici alla domanda effettiva. È il confronto classico dei momenti difficili: come tenere insieme sostenibilità economica e tenuta occupazionale? E per quanto tempo?

OLTRE GLI INCENTIVI: LA DOMANDA CHE CONTA
Gli incentivi all’esodo hanno avuto una funzione tampone. Ma basteranno se la domanda non riparte? La gestione “volontaria” può limitare il conflitto, ma non crea lavoro nuovo. Per questo, nelle dinamiche di crisi di un fornitore automotive, la variabile decisiva resta a monte: gli ordini. La citazione esplicita di Stellantis - nei mesi scorsi fu lo stop alla produzione della Fiat 500e a influire: adesso che parte quella Ibrida, cambierà qualcosa? - e di altri grandi costruttori europei, nel contesto di Poirino, suona come un richiamo al ruolo dell’intera filiera. Se il committente riduce i volumi, la catena si contrae; se li conferma o riallinea, si può immaginare una stabilizzazione. In mezzo, c’è la capacità del sito di adattarsi: riorganizzare linee, riqualificare addetti, cercare margini su prodotti o fasi produttive più resilienti.

IL TERRITORIO E L’EFFETTO MOLTIPLICATORE
Quando un polo manifatturiero come quello di Poirino entra in affanno, l’impatto non si ferma ai cancelli. Bar, trasporti, microfornitori: l’economia locale “respira” con la fabbrica. Ogni esubero è un reddito che si assottiglia, ogni turno cancellato è un indotto che vacilla. Per questo i 70 posti ancora “da gestire” sono più di un residuo amministrativo: sono il margine tra una ferita e una cicatrice. La differenza la fanno i tempi, la qualità del dialogo sociale, la capacità delle parti di anticipare i problemi invece di inseguirli.

IL RUOLO DEGLI ATTORI DELLA FILIERA
La menzione di Stellantis, nel contesto della Denso di Poirino, rimette al centro il rapporto cliente-fornitore. È lecito aspettarsi, in fasi di contrazione, una maggiore condivisione delle informazioni di pianificazione, così da consentire ai fornitori di calibrare la forza lavoro senza strappi. Del resto, la competitività di una casa automobilistica europea si gioca anche sulla robustezza della sua supply chain: un fornitore che tiene è un vantaggio competitivo, uno che perde competenze è una fragilità che prima o poi presenta il conto.



LA DOMANDA APERTA
Dove può portare questo negoziato? Il dato aggiornato – da 150 a circa 180 esuberi, con 70 posizioni ancora in sospeso – dice che la correzione non è finita. Ma i cambiamenti non si esauriscono in una tabella: chiedono un orizzonte. La partita si giocherà su due fronti: da un lato la capacità di Denso e dei sindacati (Fim, Fiom, Uilm, Fismic) di costruire un percorso ordinato, con tutele e strumenti adeguati; dall’altro l’evoluzione degli ordinativi da Stellantis e dagli altri costruttori europei, la vera variabile esogena dell’equazione. 

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