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L'INTERVISTA

Toro, Ventura a due passi dalla sede per incontrare Cairo? Ma lui risponde...

L'allenatore che ha riportato il Torino in Serie A e in Europa risponde alle curiosità di Torino Cronaca e ai "rumors" che lo vorrebbero sempre più vicino ad un ritorno in panchina alla scadenza del contratto di Juric

La sede del Torino Calcio a due passi e, seduto al tavolo di un ristorante, Gian Piero Ventura. A pochi mesi dalla scadenza del contratto di Juric, una coincidenza che vale più d’un sospetto, perché forti "rumors" parlano di un incontro già avvenuto e di un rapporto, con Cairo, mai interrotto. Anche se il diretto interessato...


Mister Ventura, incontrarla in città e per di più nei paraggi della sede del Torino, a pochi mesi dalla scadenza del contratto di Juric, deve farci sospettare qualcosa?
«No, assolutamente no».

Non è qui per incontrare il presidente Cairo?
«Sono a Torino perché ho casa qui e, quindi, per me Torino è casa. Ci vengo spessissimo e spero, domenica prossima, d’essere allo stadio per tifare contro il Frosinone. Però, niente di più».

Risposta definitiva?
«Ho deciso tre anni fa di chiudere con il calcio giocato. Una decisione che ho preso in perfetta serenità dopo quarantaquattro anni. L’ho fatto con un pizzico di dispiacere, ma anche con la consapevolezza che era arrivato il momento di dedicare un po’ di tempo a me e alla mia famiglia, cosa che non avevo fatto negli anni precedenti. O, meglio, che non ho fatto mai praticamente mai».

Un po’ di nostalgia per la panchina granata?
«Essendo tifoso del Toro, se e quando ho la possibilità di andare a tifare, vado allo stadio. Ma no, nostalgia, no. Orgoglio. Ecco, l’orgoglio d’aver fatto parte di un pezzo di storia di questa società, anche se piccolo. Anni intensi che ci hanno portato dalla Serie B all’Europa con bilanci in ordine per molti anni. Questo non è solo motivo d’orgoglio ma sono emozioni che ti porti dentro per sempre. Ecco perché dico che Torino è casa mia. Per tutte le emozioni che ho ricevuto soprattutto dalla città, qualcosa che nessuno potrà mai portarmi via».

Da tifoso, come valuta la stagione di questo Toro? E a proposito di Europa pensa che...
«...io aspetterei a tirare le somme, perché la possibilità c’è anche se si sono perse delle occasioni. Se non dovesse succedere, però, sarebbe forse questa la stagione del rammarico».

Perché?
«Perché questo Toro secondo me è una squadra assolutamente competitiva, forse la migliore da quando Cairo è presidente. Ha fatto buonissime partite, soprattutto con le grandi. Il ramarico è di aver lasciato dei punti all’Empoli, alla Salernitana, all’Udinese o al Sassuolo. Ecco, questo è il vero grande rammarico. Con quei punti lì, ora, avrebbe una classifica assolutamente stimolante. Però, non è mai detta l’ultima parola. Cominciamo a battere il Frosinone, vediamo cosa fanno gli altri e poi ne riparliamo».

Siamo reduci da un derby con un punto a testa. Poteva tirar fuori un po’ più di carattere questo Toro e portarne a casa tre?
«No, credo che abbia fatto concettualmente una buona partita. Gli è andata bene nel primo tempo, Blaovich ha avuto due palle gol notevoli, però è andata bene anche alla Juventus perché nel secondo tempo il Toro è stato padrone del campo. Ma è un risultato che ci sta nel contesto di qella partita. Il derby per me, quando prima parlavo del rammarico, resta segnato dall’assenza del Var. Se ci fosse stato quando allenavo io avremmo portato a casa qualche derby in più, perché quello che ci hanno tolto è stato incredibile».

Un’ultima domanda. Come immagina il futuro, ancora da scrivere? Sulla panchina del Toro, chi vedrebbe bene?
«Non è di mia competenza ma mi auguro solo che, chiunque arrivi, capisca velocemente cosa significa allenare il Toro e, soprattutto, quali siano le esigenze di una società questa. E chiunque arriverà, se arriverà qualcuno di nuovo, ha il mio grande in bocca al lupo. Di cuore».

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