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04 Luglio 2024 - 16:32
La carica dei 500. Come il numero degli avvocati che (riuniti in un comitato) già a maggio avevano inviato una lettera all'Ordine per denunciare la situazione drammatica degli uffici del Giudice di Pace. E questa mattina erano in tantissimi a Torino nella "marcia degli avvocati" partita dal Palagiustizia e terminata alle ex carceri Nuove, dove appunto hanno sede gli uffici del Giudice di Pace. Il corteo degli avvocati torinesi, rigorosamente con la toga indosso, ha annunciato una mobilitazione che è stata proclamata a livello nazionale. «Un caso drammatico di denegata giustizia, che noi denunciamo ormai da anni», ha affermato Arnaldo Narducci, del Consiglio dell'Ordine di Torino. «I cittadini - ha proseguito Narducci - non ricevono più un'adeguata e necessaria risposta alla domanda di giustizia. Anzi, questa è una grave violazione dei diritti. Ed è una situazione non più tollerabile». I numeri della grave crisi li sciorina Mauro Tancredi, promotore del "comitato dei 500": «Oggi ci sono quattro giudici di ruolo e tre supplenti per gestire il contenzioso su un territorio che comprende 81 comuni. Parliamo di una scopertura di organico che raggiunge il 94%. Ed è chiaro che fa comodo non ai cittadini che devono ricorrere alla giustizia per ottenere quanto gli spetta, ma alle banche, alle assicurazioni, a chi specula». Un esempio del "caos" di cui si parla è fornito dall'avvocato Alberto Manzella: «Un paio di settimane fa ho depositato un ricorso per una mia cliente, la prima udienza è stata fissata nel gennaio 2026. E parliamo di un importo di 5mila euro. Ormai siamo alla paralisi».
Torino ma non solo, perché il Giudice di Pace è nel caos anche in Lombardia, come spiega Giulia Martini, bergamasca, in rappresentanza dell'Associazione nazionale forense: «È una situazione che accomuna tantissime città. Alle gravissime carenze di organico - afferma l'avvocato Martini - si è aggiunta la legge Cartabia che ha aumentato le competenze dei giudici di Pace. Questo ha prodotto un sovraccarico dei ruoli e un ulteriore rallentamento dei tempi di definizione delle cause».
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