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IL FATTO

Caso Don Alì, c’è una nuova denuncia. E stavolta nei guai finisce tutta la gang

Il video che ritrae l’aggressione al maestro sembra aver determinato una risposta decisa della Procura

Nuovi sviluppi giudiziari investono Alì Said, 24 anni, noto come Don Alì, considerato il capo del gruppo criminale dei Maranza. Il giovane di origini marocchine torna al centro dell’attenzione dopo il servizio televisivo andato in onda l’11 novembre su Italia Uno nel programma Le Iene, dove il 24enne viene raggiunto dall’inviato Luigi Pelazza. Due giorni dopo, la querela: presentata dalle suore dell’istituto dove lavora il maestro delle scuole elementari vittima delle sue minacce. Alì, infatti, nei filmati trasmessi in televisione definisce il maestro un «pedofilo», per utilizzare le sue stesse parole.
Il giovane si era presentato all’incontro con Pelazza con la mano fasciata e le nocche insanguinate, mentre il suo amico e collaboratore Ilyas Maluma riprendeva la scena con il cellulare, diffondendo successivamente i filmati, stralci dell’incontro con l’inviato di Mediaset, sui social. Pelazza ha notato anche l’alito alcolico del ragazzo e ha raccontato le continue provocazioni nei suoi confronti, oltre a quelle rivolte alla vittima. Dopo la messa in onda del servizio, le suore dell’istituto scolastico hanno presentato una querela formale, affidandosi agli stessi avvocati del maestro, Davide Salvo e Davide Noviello. L’atto legale punta a inquadrare penalmente le responsabilità di Don Alì e dei suoi complici: oltre a Ilyas Maluma, il fascicolo riguarda Zakaria Norri, cugino di Alì e figura di riferimento nel quartiere, e Mohamed Handi, noto sui social come 7mida. Secondo quanto emerge dagli atti, Don Alì usa con efficacia i social network — dove conta circa 200 mila follower — per legittimarsi come capo dei Maranza e mostrare comportamenti intimidatori e violenti che vanno ben oltre le cosiddette “bravate” giovanili. Già nel 2021, era stato fermato per resistenza a pubblico ufficiale dopo aver insultato un agente della polizia municipale, rifiutandosi di fornire i documenti e tentando di fuggire, dichiarando “Comando io a Torino, forse non hai capito”. Per quell’episodio fu condannato con obbligo di firma per quattro anni. La situazione resta complessa. Negli ultimi giorni, una troupe di Mediaset è stata aggredita sotto casa di Don Alì, in corso Novara, quando un giovane incappucciato ha distrutto i vetri e danneggiato la carrozzeria del mezzo della produzione, mentre i giornalisti tentavano di intervistarlo. E’ la conferma di un clima intimidatorio costante, dimostrando come il gruppo continui a operare con audacia, senza temere l’attenzione delle autorità e dei media. Del resto, lui stesso lo ha detto più volte in tanti interventi sui suoi canali: «In Italia anche se sei pieno di denunce nessuno ti farà mai nulla». Il video che ritrae l’aggressione al maestro (eliminato dopo le pressioni dei legali dell’insegnante) sembra aver determinato una risposta più decisa della Procura torinese, che ha aperto un fascicolo per minacce e molestie, mirando a individuare la responsabilità penale di Don Alì e dei suoi complici.
Le denunce accumulate negli anni dimostrano un quadro consolidato di violenze e minacce, ma fino a oggi nessuna aveva permesso un fermo. Spesso si è preso gioco delle forze dell’ordine.
Adesso, forse, qualcuno ha deciso che era ora di finirla con il circo mediatico.
Sullo sfondo resta un interrogativo inquietante: Don Alì agisce per volontà propria o c’è qualcuno che lo manovra come un burattino?

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