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GUARDALO COMBATTERE

Simone Dessi, il pugile in sedia a rotelle: stare sul ring mi ha salvato la vita

Il boxeur piemontese racconta i segreti della paraboxe e le difficoltà degli atleti per affrontare gli allenamenti

Simone Dessi ha un sogno troppo bello e grande perché resti confinato in un cassetto. Rendere il ring accessibile a tutti. Trentacinque anni, 63 chili di peso e un’instancabile voglia di combattere, Simone, originario di Alessandria, percorre cinque volte la settimana un centinaio di chilometri in macchina per andarsi ad allenare in palestra. Viaggio di andata e ritorno. Tredici anni fa ha scoperto lo sport, dopo un incidente sul lavoro che lo ha portato a scoprire una nuova fase della sua vita. a guardarla dalla prospettiva di chi ha le gambe immobilizzate. Ad oggi ha recuperato la sensibilità ai glutei ed ai quadricipiti. Prima del pugilato ha provato altre discipline sportive, ma nulla l’ha fatto innamorare più dei guantoni.

«La boxe è la mia vita». E non poteva essere altrimenti: cercando il suo nome su Internet si legge di importanti apparizioni televisive, ma anche dei numerosi eventi sportivi che lo hanno visto protagonista e ambasciatore di uno sport ancora poco conosciuto in Italia. La paraboxe. Simone si è fatto notare dalla Federazione Pugilistica Italiana, diventando il portavoce di atleti provenienti da ogni regione e ne è oggi un simbolo. Professionisti come Alessio Lo Russo, Jacopo Lusci ed Alessio Sakara appoggiano e sostengono la sua causa. Brand del settore lo scelgono come testimonial.

Simone Dessi con l'amico e campione Andrea Scarpa

La sua determinazione è tanta. «Ad oggi non combattiamo ancora per un titolo, sono solo esibizioni: La Federazione sta valutando come regolamentare al meglio, in base agli atleti, alle loro caratteristiche fisiche, al tipo di lesione. Ho riunito diversi atleti che praticano paraboxe, creando una piccola comunità. Un’altra difficoltà riguarda le strutture: non tutte le palestre, per non dire poche, sono accessibili. «Speriamo che presto il nostro sport sia riconosciuto a tutti gli effetti. Sono fiducioso. Ringrazio di cuore tutte le persone che mi aiutano a fare conoscere la paraboxe».

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