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ESCLUSIVO
18 Ottobre 2023 - 21:22
L’esplosione è “sorda”. Come quando ad annullare il pericolo di un ordigno ci pensa un “robottino” o il “contenitore” dell’Esercito che, di fronte alla sinagoga di Torino è del tutto simile a quello che sta quello dirimpetto il Santo Sepolcro a Gerusalemme, per disinnescare i potenziali zainetti esplosivi. Un tonfo, praticamente. Quello che, dopo tre ore di tensione, ha fatto tirare nuovamente il fiato al quartiere di San Salvario, al centro di un allarme per quella che, sulle prime, somigliava ad una bomba. E si è rivelata essere una borsa frigorifera contenente alimentari. Dimenticati da chissà chi, sopra una cassetta delle lettere delle Poste Italiane la cui, peculiarità dello scenario non ha fatto escludere il peggio. Specie considerando le “voci” che avrebbero intravisto già dal tardo pomeriggio, proprio sopra il “pacco” abbandonato un messaggio a mo’ di rivendicazione.
Troppo poco per stabilire se, per qualche ragione, ci sia una connessione con il delirio islamista che, soltanto due giorni prima, aveva minacciato per ore i dehors dei bar attorno piazza Madama Cristina. Proprio dove Montassar Tamzini ha messo in scena la propria follia minacciando Israele con un coltello in mano. «Il quartiere si fa caldo» commenta chi assiste alla detonazione del presunto ordigno. Quasi fosse un “reality show” nonostante la gravità delle notizie che arrivano da Israele. «È tutto il pomeriggio che c’è la polizia qui e non è successo niente» racconta Mohammed, il cui nome è evidentemente di fantasia visto che, proprio dopo aver capito di essere intervistato, rivendica l’anonimato. «Ti è sembrata l’esplosione di una bomba?» quasi irride l’interlocutore. «Ora, per ogni fatto che succederà nel quartiere, ci sarà polizia e tensione. Hai visto? Non c’era una bomba, eppure, tutti si sono spaventati». E non si capisce se sia una considerazione o una minaccia. Di certo, la consapevolezza che, attorno alla sinagoga, il livello di attenzione sia da almeno una settimana decisamente più alto.
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