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La cerimonia
03 Dicembre 2023 - 05:00
Ieri il teatro Alfieri ha ospitato giovani e meno giovani membri della comunità dei medici di Torino nell’appuntamento annuale che vede il giuramento di Ippocrate dei nuovi iscritti e la premiazione dei decani della professione - coloro i quali hanno festeggiato i 50 o addirittura 60 e 70 anni dalla laurea in Medicina. Un incontro, questo, importante sia perché permette il confronto ed il ritrovamento tra colleghi di vecchia data, ma anche perché costituisce il “rito d’iniziazione” dei nuovi iscritti, il momento ufficiale in cui si “si diventa medico”: parte di una comunità con obiettivi ma anche problemi comuni. A raccontarlo il presidente dell’Ordine, Guido Giustetto, che nel suo discorso introduttivo ha toccaco alcuni nervi scoperti del panorama odierno della medicina italiana, «entrambi diretta conseguenza del definanziamento del sistema sanitario pubblico», spiega.
In primis la carenza di medici, alimentata anche dall’alto tasso di rinuncia al lavoro - soprattutto negli ospedali -, prima dell’età di pensionamento prevista: un problema enorme, che limita le possibilità di cura dei pazienti e peggiora la qualità dell’assistenza sanitaria garantita, «perché non si può fare una medicina di grandi numeri», sostiene. E poi, la tendenziale sostituzione della cura della persona con l’offerta di una prestazione. «Rivalutare la cura della persona in un’ottica che non sia legata strettamente al servizio offerto, ma che consideri il paziente nella sua interezza e complessità, questo il messaggio che vorrei lanciare oggi», continua Giustetto. Un ripensamento dell’inquadramento professionale della categoria, quindi, è quanto ci si auspica alla luce di un’ulteriore criticità prevista negli anni a venire: «Sempre più spesso bisognerà occuparsi di malati cronici, che devono essere visti nel tempo e che hanno una complessità diversa, per cui una simile assistenza non è appropriata», prosegue il presidente.
E si riferisce in particolare al problema delle liste d’attesa, irrisolvibile se non aumentano le prestazioni messe a disposizione, e che oltre ad i lunghi tempi, determina molto spesso un’assistenza «sparpagliata» tra i diversi centri sanitari, che non risponde alle esigenze di alcune categorie di pazienti - come quelli affetti da patologie neurodegenerative - i quali hanno bisogno di essere seguiti con una certa continuità (e per cui non aiuta l’assenza di un sistema informatico che consenta ai diversi specialisti di mettersi in comunicazione). Non si manca, in ogni caso, di celebrare i cambiamenti positivi nell’organizzazione sanitaria dell’ultimo decennio, in particolare la diffusione della telemedicina e dell’intelligenza artificiale, come anche della robotica chirurgica: grandi occasioni di trasformazione della medicina. Tra i premiati c’è Amedeo Bianco, ex presidente dell’Ordine, che rimarca la straordinarietà del ruolo dei medici nella società, in quanto “interpreti del diritto delle persone alla salute e, quindi, alla vita”.
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