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GRUGLIASCO

Lear, via al picchetto degli operai. «E adesso intervenga il ministro»

I dipendenti da ieri impediscono l’ingresso dei camion in azienda per bloccare la produzione

Sono in presidio davanti ai cancelli della Lear da ieri mattina alle 6. E da ieri mattina, dagli ingressi di corso Allamano e di via Cumiana, non possono nemmeno entrare i camion per il carico e scarico delle merci. Obiettivo bloccare la produzione, seppur esigua, dello stabilimento.

È iniziato con una grande adesione il presidio dei lavoratori impegnati a salvaguardare il loro posto di lavoro. «Quasi un centinaio di lavoratori oggi, e per i prossimi giorni stiamo organizzando dei turni per coprire tutta la giornata - precisa Domenico Ciano, Rsu Fim -. Il nostro è un presidio pacifico e tale rimarrà: manifestiamo semplicemente per il diritto al lavoro». Il 31 dicembre scadrà la cassa integrazione e per i dipendenti del sito, che produce sedili per la Maserati, non ci sono garanzie di futuro. 450 dipendenti, di cui quasi 350 in esubero.

Sempre ieri, davanti ai cancelli per dare sostegno e solidarietà, c’erano i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm Torino, Rocco Cutrì, Edi Lazzi e Luigi Paone. «L’azienda non può pensare di scaricare i lavoratori e di chiudere lo stabilimento, ma deve portare nuove lavorazioni - introduce Paone - A livello nazionale è stata fatta una richiesta al ministro del Made in Italy Urso che al momento non ci ha ancora dato risposta. Visto che è venuto a Torino spiegando che bisogna investire nell’indotto, è bene che ci riceva, perché incombe a breve la scadenza degli ammortizzatori». Prosegue Cutrì: «A oggi l’azienda, e lo ha dimostrato nell’incontro del 12 ottobre in Regione, non ha alcun progetto da mettere sul tavolo, a cui sono legate le coperture per nuovi ammortizzatori sociali. Abbiamo bisogno di risposte altrimenti si realizzerà la peggiore delle ipotesi: ossia un disimpegno dell’azienda». «Lo stiamo vedendo con ciò che accade oggi alla Lear: unitariamente, e a più riprese, stiamo dicendo che serve portare a Torino nuove produzioni. Solo così ci sarà possibilità per l’indotto di restare a galla - chiude Lazzi -. Bisogna provare in questa fase a resistere e opporci come stiamo facendo ai licenziamenti, sapendo che tutto il sistema che si deve muovere, anche Regione e Comuni, affinchè attraggano nuovi investitori».

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