l'editoriale
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10 Marzo 2023 - 07:21
Ha tentato di soccorrere la madre e l’ha vista esalare gli ultimi respiri, stesa sul pavimento della cucina. Quando Laiba è uscita di casa, sorretta dal papà, avvolta in una coperta termica, il sangue della mamma ancora le copriva le mani, i vestiti, i piedi infilati nelle infradito. Ha solo 17 anni, Laiba, e la sua giovinezza spensierata è finita ieri mattina, quando suo fratello Ahmad Imran, 23 anni, ha afferrato un martello e ha colpito sua madre alla testa, più e più volte, mentre lei tentava disperatamente di difendersi. Poi è rimasto fermo, inebetito, con il martello in mano mentre, sotto i suoi occhi, la sua sorellina piangendo, stringeva la mamma morente nel suo ultimo abbraccio.
Il dramma si è consumato intorno alle 10.30 nel centro storico di Pinerolo, in via Sommeiller, a pochi passi dal Duomo, in una vecchia casa della stradina che si arrampica verso l’ex tribunale. Qui, al primo piano, da qualche anno vive una famiglia di pakistani. Il primo ad arrivare in Italia è stato il papà, Alì Asghar, che ha trovato lavoro in una fabbrica della zona. Poi l’hanno raggiunto la moglie, Rubina Kousar, 45 anni, e i tre figli. L’allarme è scattato quando Alì si è presentato nel vicino municipio, dove si trova il comando della polizia locale, e in un italiano stentato ha balbettato poche parole «sangue, figlio, è a terra». Due agenti, un uomo e una donna, hanno capito subito che era capitato qualcosa di grave e si sono precipitati a casa dell’uomo. Quando sono entrati, si sono trovati di fronte una scena da incubo: la donna era a terra, rantolante, ancora viva, in un lago di sangue, Laiba in ginocchio al suo fianco cercava di aiutarla. In piedi, immobile, con il martello in mano, c’era il figlio maggiore, Ahmad Imran. È stata l’agente a disarmarlo e a cercare di aiutare la madre, mentre da Torino si alzava in volo l’elicottero del 118 ma ogni tentativo di salvarla si è rivelato inutile: la donna è morta pochi minuti dopo.
Le indagini sono affidate ai carabinieri della compagnia di Pinerolo, agli ordini del maggiore Alberto Azara, che hanno provveduto ad arrestare il ragazzo. Secondo i primi accertamenti, si tratta di una famiglia che in passato non aveva mai creato problemi ma negli ultimi giorni la situazione era cambiata all’improvviso. Domenica infatti il padre era stato aggredito e preso a pugni dal 23enne e a riportare la pace era stata una pattuglia della Guardia di finanza che transitava vicino al Duomo ed era stata fermata da alcuni passanti. La lite, in questo caso, sarebbe stata scatenata dalla richiesta dell’uomo al figlio di impegnarsi di più, di darsi da fare e di non perdere tempo al cellulare. Movente e dinamica di quanto accaduto ieri mattina, invece, sono ancora al vaglio dei carabinieri. La donna è stata colpita più volte alla testa con un attrezza da lavoro che la famiglia aveva in casa: particolari che farebbero pensare a un delitto non premeditato. Il padre non avrebbe assistito all’aggressione, che potrebbe essere avvenuta anche qualche minuto prima del suo ritorno a casa. Sentito a lungo dai carabinieri e dal pm Giorgio Nicola, con l’aiuto di un interprete visto che non parla italiano, l’uomo non ha chiarito quali potrebbero essere stati i motivi della lite. E non l’ha fatto neanche la figlia che sarebbe stata in un’altra stanza: è stata lei a telefonare al padre e a dirgli di tornare subito a casa. L’assassino, assistito dall’avvocato Simona Bertrand, ha scelto di non rispondere alle domande degli investigatori. Dalle testimonianze raccolte dai carabinieri e dal precedente intervento della Finanza emergono però i dissapori legati a una presunta poca voglia di lavorare del ragazzo che sono quindi l’ipotesi principale del motivo della lite. Sabato si terrà l’autopsia, affidata al medico legale Roberto Testi.
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